Patrick Zaki “prigioniero di coscienza” è stato scarcerato, ma non assolto
AttualitàDall'ItaliaDopo 22 mesi di detenzione nelle carceri egiziane di Tora, con l’accusa di propaganda sovversiva e terrorismo, Patrick Zaki è stato scarcerato ed ha potuto riabbracciare la sua famiglia.
Tutta la vicenda era iniziata allorquando, avendo deciso di tornare in Egitto per far visita ai suoi parenti durante una breve vacanza, per poi proseguire con il suo studio nel master europeo “Gemma” presso l Università di Bologna, Zaki è stato arrestato l’8 febbraio 2020 all’aeroporto del Cairo. Catturato dagli agenti dei servizi segreti, non si hanno più avuto sue notizie per circa 24 ore e solo grazie all’associazione Egyptian Initiative for Personal Rights (associazione umanitaria dove lavorava in qualità di ricercatore), si è venuto a conoscenza del suo arresto.
Chi è Patrick Zaki? E’ uno studente egiziano dell’Università di Bologna e attivista per i diritti umani; i suoi genitori sono di religione cristiana ortodossa copta. Il master “Gemma” frequentato da Zaki, è il primo Master Erasmus Mundus in Europa che si occupa di Women’s and Gender Studies, un programma d’eccellenza sponsorizzato dalla Commissione Europea.
Laureatosi in farmacia al Cairo, ha voluto proseguire scegliendo un percorso che lo portasse ad avere una formazione specifica sui temi che gli stanno a cuore, in particolare gli studi di genere in relazione ai diritti umani. Egli è inoltre una persona estremamente aperta e a suo agio nell’ambiente del master frequentato da persone provenienti da paesi e continenti diversi.
“Patrick è uno studente brillante – dice un’amica e collega del master – ha conseguito una borsa dell’Unione Europea molto ambita, passando attraverso un processo di selezione durissimo”.
Zaki è “sempre stato attento e attivo nelle battaglie per i diritti umani in Egitto” dicono di lui i suoi amici, “Ha combattuto instancabilmente per la protezione e la realizzazione delle libertà fondamentali degli oppressi e degli emarginati”, raccontano ancora ricordando che egli non si era fermato neppure dopo l’ascesa al potere di al-Sisi, personaggio che ha messo a tacere moltissime voci, specie quelle del dissenso politico.
Nell’agosto del 2017 aveva iniziato a lavorare per l’Egyptian Initiative for personal rights, una delle più grandi organizzazioni egiziane per i diritti umani. Nel 2019 egli pubblica, per il sito egiziano “Darraj”, un articolo in cui descrive vari episodi che vedono la comunità cristiana copta emarginata, discriminata o vittima di strani incidenti o rapimenti di cui nessuno si occupa o che vengono ritenuti avvenimenti “normali”.
L’accusa però fa riferimento a suoi presunti post su Facebook nel quale Zaki avrebbe incoraggiato la ribellione e il terrorismo, post che egli afferma di non aver mai scritto, ma che dall’accusa sono classificati comunque come minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo.
Secondo i mezzi d’informazione governativi egiziani, Zaki sarebbe stato attivo all’estero nella stesura di una tesi sull’omosessualità con l intento di incitare contro lo stato egiziano.
Intanto, a prescindere dalle accuse, appena arrestato, senza alcuna accusa specifica e formalizzata, Zaki è stato bendato e cosi tenuto per tutto il tempo della sua sparizione forzata, più di 24 ore durante le quali sarebbe stato torturato, colpito ripetutamente con colpi allo stomaco, alla schiena e con scariche elettriche inflitte dalle forze di sicurezza egiziane ed inoltre fatto oggetto di minacce. E’ stato interrogato sul suo presunto legame con Giulio Regeni e sul suo impegno politico, venendo inoltre minacciato di stupro.
Secondo i suoi avvocati il ricercatore avrebbe dichiarato: “ Non ho commesso reati..ho solo esercitato il mio diritto alla libertà di parola” .
Contro di lui è stato impiegato l’armamentario classico di accuse ormai rivolte a tutti gli attivisti prolungando la detenzione ogni 15 – 45 giorni, come prevede la legge e come accade alla gran parte dei dissidenti detenuti senza condanna, che così non possono neanche sapere quando l’incubo finirà.
In tanti si sono mossi e adoperati per la liberazione di Patrick, l’11 gennaio 2021 la città di Bologna ha conferito a Zaki la cittadinanza onoraria e il Senato italiano ha deliberato per il conferimento della cittadinanza italiana al ricercatore, a chiedere il conferimento della cittadinanza a Patrick Zaki è stata anche la senatrice a vita Liliana Segre.
Il 1º ottobre 2020 ventisei europarlamentari italiani hanno scritto una lettera al capo dell’ ambasciata italiana al Cairo Gianpaolo Cantini, in cui definiscono Patrick Zaki «innocente» e «prigioniero di coscienza», mentre la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e analoghe reti universitarie in altri paesi europei hanno espresso solidarietà a Zaki e lanciato appelli per la sua liberazione.
Ricordiamo che nel 2018, in occasione delle elezioni presidenziali egiziane, Zaki era stato uno degli organizzatori della campagna elettorale di Khaled Ali, attivista politico impegnato nella difesa dei diritti umani e poi ritiratosi dalla corsa elettorale a causa del clima di intimidazione che lo circondava.
Oggi Patrick Zaki è libero dalla carcerazione, ma non dalle accuse che dovrà affrontare il 1 febbraio durante un’udienza, è solo un primo passo, ma importante per una persona “prigioniera di coscienza” che ama la giustizia e rivendica il diritto di denunciare ingiustizie.
Oscuro tempo nell’Egitto di oggi, un paese che ha dimenticato la sua millenaria storia a favore del potere personale e violento di un capo e di una cultura che non accetta né il libero pensiero né il confronto democratico, come se il tempo del loro potere fosse eterno e dimentichi dei tanti, troppi despoti finiti nell’oblio e nel disprezzo generale.