Oggi è la festa del gatto: “Il più piccolo dei felini, un capolavoro”, lo definì Da Vinci

Oggi è la festa del gatto: “Il più piccolo dei felini, un capolavoro”, lo definì Da Vinci

AttualitàDall'Italia
La storia del gatto risale alla notte dei tempi: dagli Egizi, nel 3.000 a.C. era considerato animale sacro. Amati anche dai romani, per i gatti la situazione cambiò radicalmente nel Medioevo, per poi tornare a nuova vita nel Rinascimento.

Buon compleanno a tutti i gatti del mondo. Piccoli o grandi, a pelo lungo, medio o corto, striati, neri, bianchi, rossi, tigrati, di razza nobile ma anche meticci, ossia i soriani o tabby. Oggi si celebra la loro festa, l’edizione numero 20, considerando che il ‘World Cats Day’ ed è stato istituito nel 2002 dal Fondo internazionale per il benessere degli animali. In Italia, invece, la ricorrenza è datata 1990, istituita grazie all’intuito di Claudia Angeletti, giornalista che propose un referendum ai lettori della rivista ‘TuttoGatto’ chiedendo loro quale giorno adottare per celebrare l’adorato micio.

Il più piccolo dei felini, un capolavoro”, come lo definì Leonardo da Vinci, il gatto è tra gli animali di compagnia più amati dall’uomo. “È suo amico ma mai suo schiavo”, come amava ricordare lo scrittore, poeta, giornalista e critico letterario francese, Théophile Gautier. La storia del gatto risale alla notte dei tempi. Viveva infatti in perfetta simbiosi con gli antichi Egizi già nel 3.000 a.C., dove era considerato animale sacro, l’incarnazione della dea della maternità, simbolo di fecondità e dell’amore materno, Bastet.

L’amore per i gatti si propagò presto anche tra i romani, inizialmente tra le classi più agiate, poi in tutti gli strati della popolazione fino a quando, grazie a mercanti ed eserciti, l’usanza di possedere questi piccoli felini si propagò in tutto l’impero e, successivamente, nell’intera Europa. Per i gatti ‘Mala tempora currunt’, però, in gran parte del Medioevo, periodo in cui vennero demonizzati a causa del loro trascorso pagano. Molti, soprattutto quelli neri, che furono bruciati vivi poiché ritenuti servitori del diavolo e delle streghe. Celebre la credenza che vuole il gatto possedere sette o nove vite, uno dei numerosi poteri soprannaturali che, invece, non arrecarono alcuna fortuna al peloso animaletto.

Il gatto tornò davvero a nuova vita durante il Rinascimento, quando i suoi denti e i suoi artigli vennero usati per fare strage di topi e roditori che rovinavano i raccolti. E non tutti forse sanno che la santa protettrice dei gatti, oltre che di pellegrini, viaggiatori e giardinieri, è Santa Gertrudeinvocata proprio nel caso di invasioni di topi. È poi durante il Romanticismo che il gatto divenne ufficialmente l’animale romantico per eccellenza, dal carattere indipendente e dal fascino misterioso.

Di tempo ne è trascorso e questi straordinari compagni di vita continuano ancora oggi ad affascinare grandi e piccoli ‘gattofili’ di tutto il mondo, proprio per la loro indipendenza e per il loro carattere forte e deciso. Spirito libero, individualista, refrattario alle regole, il gatto produce molti effetti benefici su chi lo accarezza. Lo dimostrano numerosi studi dai quali emerge che la sua compagnia possa aiutare le persone che hanno problemi di salute mentale e le persone sole o sotto stress. Alcune razze di mici sono impiegate in tecniche di ‘gattoterapia’, ovvero la pet therapy con i gatti. Tra questi, soprattutto il Maine Coon, lo Scottish Fold, il Ragdoll e il sacro di Birmania avrebbero la ricetta per abbassare la tensione.

Nel corso dei secoli del gatto si sono occupati poeti e scrittori di fama mondiale: da Lewis Carrol, che nel libro ‘Alice nel paese delle meraviglie’ fa dialogare la giovane con lo Stregatto, a Edgar Allan Poe (‘Il gatto nero’), da Luis Sepúlveda (‘Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare’) allo scrittore, poeta e drammaturgo spagnolo, Lope de Vega, autore del poema burlesco in sette canti ‘La Gattomachia’, solo per citarne alcuni.

Senza dimenticare il mondo dei cartoni animati: da Birba, il gatto di Gargamella dei Puffi, a Felix il gatto, fino a Garfield, gatto Silvestro, Tom, il simpatico micio sempre in caccia del topo Jerry, il gatto con gli stivali e, capolavoro cinematografico targato Walt Disney, ‘Gli Aristogatti’. Dal grande al piccolo schermo per quella che è diventata la frase simbolo di Giovanni Trapattoni: quel famoso “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, dichiarato in tv dal grande ex calciatore ed allenatore durante una delle sue tante interviste. Una esortazione, probabilmente, a non cantare vittoria troppo presto.

Anche la musica non ha resistito al fascino del piccolo felino: alzi la mano chi non ha mai intonato una strofa di ‘Quarantaquattro gatti‘, o della canzone ‘La gatta’ di Gino Paoli o non ha mai sentito un bambino ripetere ad alta voce il testo di ‘Volevo un gatto nero’. O ancora, chi non si è mai commosso ascoltando ‘Memory’, il tema principale di ‘Cats’, il musical di Andrew Lloyd Webber. Anche la poesia ha spesso messo al centro il gatto. E se Charles Baudelaire lo celebra nella sua raccolta lirica ‘I fiori del male‘, uno dei versi di Pablo Neruda recita: “So tutto, la vita e il suo arcipelago, il mare e la città incalcolabile, la botanica, il gineceo coi suoi peccati, il per e il meno della matematica, gl’imbuti vulcanici del mondo, il guscio irreale del coccodrillo, la bontà ignorata del pompiere, l’atavismo azzurro del sacerdote, ma non riesco a decifrare il gatto. Sul suo distacco la ragione slitta, numeri d’oro stanno nei suoi occhi”.

Agenzia DiRe – www.dire.it