25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: dalla storia delle sorelle Mirabal ad oggi
AttualitàAncora un 25 Novembre per dire basta alla violenza sulle donne, ancora un giorno di estenuante denuncia di atti che non hanno senso e che notificano solo che una parte dell’universo maschile vive ancora, incredibilmente, in un tempo di ignoranza e incapacità nel relazionarsi serenamente con l’altro emisfero umano.
Perché proprio il 25 Novembre? La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne è stata adottata senza voto da parte dell’ Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 48/104 del 20 dicembre 1993. In essa è contenuto il riconoscimento della “necessità urgente per l’applicazione universale alle donne dei diritti e dei principi in materia di uguaglianza, la sicurezza, la libertà, l’integrità e la dignità di tutti gli esseri umani” ed è stata decisa la data del 25 Novembre come ricorrenza di tale principio.
La data del 25 Novembre non è però una data scelta a caso, essa corrisponde all’anniversario dell’assassinio delle sorelle Mirabal: Patria Mercedes, Marìa Argentina Minerva e Antonia Maria Teresa, tre coraggiose donne rivoluzionarie della Repubblica Domenicana, uccise brutalmente il 25 Novembre del 1960 dal regime del dittatore Trujillo, a cui avevano tentato di opporsi.
Donne che hanno dato la vita per un’idea, donne decise che hanno scelto di operare per la libertà del proprio paese, donne pensanti che solo la morte ha potuto far tacere.
Oggi 25 Novembre 2022, raccontiamo che, nel nostro paese, sono oltre cento le donne uccise nel 2022 per mano di chi dovrebbe amare e difendere la propria compagna, infatti nell’85% dei casi l’autore del reato è un uomo vicino alla vittima, un reato che si compie dunque in un ambito familiare-affettivo.
Tra le cause che portano al femminicidio c’è sicuramente una “visione arcaica del rapporto di genere”, una concezione che vuole la donna sottomessa all’universo maschile e che immagina la stessa, qualora si ribellasse, colpevole di superficialità, incuria, arroganza e magari di inaccettabile interesse per qualche altro uomo.
Dobbiamo essere consapevoli purtroppo che continuano a esistere nel nostro cervello tendenze primitive – è bene sottolineare che sono tendenze, non scelte comportamentali definite – che nei maschi connettono la sessualità alla sopraffazione e alla dominanza, e nelle femmine la connettono alla paura e alla sottomissione.
Ovviamente queste tendenze sono state superate ampiamente dal tempo, dall’evolversi della società e dal cambiamento nei costumi comportamentali, tanto nell’uomo che nella donna, ma purtroppo questa evoluzione non si è verificata nello stesso modo in tutti.
Molti uomini credono ancora che, per essere “macho”, sia necessario far valere la forza fisica, incarnare lo stereotipo dell’uomo deciso che non ammette repliche, quasi che il concetto arcaico di “uomo di casa” equivalesse a “padre-padrone” delle situazioni familiari, ma anche delle persone con cui si convive.
Visione ottusa ed insensata di un modo di vivere da esseri preumani, atteggiamento che causa solo ingiustificata sofferenza in quanti sono vicini, come se l’amore e la sessualità non fossero espressioni di relazioni positive, di condivisione, aiuto, premura per l’altro, ma fossero esprimibili solo con la sopraffazione del dominio maschile in vari modi, secondo i modelli di alcune ideologie, leggi e religioni serve di un pensiero primitivo.
Responsabile anche una società che, troppo spesso, trasmette modelli di sessualizzazione esasperata, di pornografia, prostituzione e pratiche educative che legittimano la violenza, l’impulsività e il consumismo.
Sono oltre cento le donne uccise finora nel 2022, compagne di vita che per morbosa gelosia, per stanchezza dei comportamenti violenti del compagno, per disamore, hanno abbandonato il proprio lui, o ci hanno provato e per questo andavano punite severamente, anche con la morte.
La storia ci racconta delle tante donne che nel passato subivano passivamente le violenze familiari per una serie di ragioni, perché la donna deve accettare il proprio compagno a prescindere, perché la donna non aveva un proprio reddito che le permettesse di essere autonoma, per amore dei figli – che pure assistevano alle violenze e ne venivano traumatizzati – per non contrastare la famiglia, la gente che avrebbe parlato male di lei, per vergogna, per sudditanza inculcata da un’educazione sorpassata.
Oggi queste remore sono in gran parte superate e per questo le donne pretendono un rispetto dovuto che però molti uomini non accettano di riconoscere. Se molte ancora tacciono, continuando a sperare in un ravvedimento del proprio lui, tante denunciano le violenze, chiedono e ottengono misure cautelari nei confronti del violento, ma, nello stesso tempo, le loro denunce o vengono sottovalutate o addirittura ignorate dal compagno, che opera lo stalking nei confronti della donna fino a minacciarla e ucciderla.
Nel nostro paese c’è una vittima ogni tre giorni, un rituale barbaro e crudele a cui non si riesce a mettere fine. Tante, troppe le donne tormentate, violentate, umiliate, ammazzate, molte tra le mura domestiche o sul luogo di lavoro o anche per strada per mano di spasimanti, mariti, fidanzati, ma anche figli o uomini comuni che, trasformati in belve, uccidono per motivi sentimentali, economici, razziali o anche semplicemente per punire chi non accetta il modo di vivere di lui che , a sua volta, rifiuta il modo di essere o di vivere di lei.
La giornata contro la violenza sulle donne ci deve far riflettere sui numeri e il tipo di donne uccise, spesso sono madri di famiglia o giovani donne o bambine, tutte oggetto di possesso, gelosia, controllo fisico, economico, sociale, tutte da punire perché non hanno accettato il clichè della tradizione e della sudditanza, perché hanno pensato di poter essere libere di amare, convivere, scegliere secondo il proprio modello di vita.
Il nostro sogno è che il prossimo 25 Novembre sia una data da ricordare perché non ci sono più stati episodi di femminicidio, perché gli uomini sono diventati consapevoli che la loro vera forza e dignità sta nel rispetto delle loro donne, che l’amore non è possesso, ma collaborazione e accettazione dell’altro senza se e senza ma, che la diversità è forza e ricchezza e non problema da risolvere con la violenza secondo uno schema da cancro sociale.