Paolo Fresu e l’incanto jazz della sua tromba magica
AttualitàBenevento CittàNella serata di giovedì 23 marzo, nei suggestivi spazi dell’Auditorium S.Agostino di Benevento, il trombettista internazionale Paolo Fresu e l’Orchestra del Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento, hanno incantato il numerosissimo pubblico presente con le loro armonie jazz, esibendosi all’interno della Stagione concertistica promossa dall’Academia di Santa Sofia, dall’Università degli Studi del Sannio e dal Conservatorio Statale di Musica “Nicola Sala”.
Dopo i saluti della Presidente dell’Accademia di Santa Sofia Maria Bonaguro e quelli di Marcella Parziale, Direttrice Artistica, Caterina Meglio, Presidente del Conservatorio “Nicola Sala” di Bn, ha intrattenuto i presenti sul ruolo, non solo artistico-culturale, dello stesso Conservatorio da lei presieduto, ma anche sulle sue capacità di aprirsi al mercato attraverso le sue innumerevoli iniziative progettuali, frutto esse stesse delle abilità programmatiche e realizzative degli allievi dello stesso Conservatorio.
L’ingresso dell’Orchestra, composta da docenti e allievi e diretta da Roberto Spadoni, ha dato il via alla manifestazione musicale, trascinando immediatamente il pubblico nella kermesse dell’armonia “chiassosa e intrigante” della musica jazz.
L’ingresso sul palco di Paolo Fresu, trombettista di valenza internazionale e artista che dal 1988, nel comune natale di Berchidda in Sardegna, ha proposto e presieduto il Time in Jazz, un festival annuale di musica jazz che ha acquisito nel tempo una taratura internazionale, accolto da scroscianti applausi, ha segnato l’intensificarsi di ritmo e di emozioni via via più intense, di suoni variegati, a volta spezzati, altre volte lunghi e avvincenti, mantenendo, nel suo andare, un senso di aspettativa in ciò che sarebbe avvenuto a seguire, il tutto grazie al suono squillante e brillante della sua tromba.
Una sorpresa per chi scrive, poco avvezza e pratica delle sonorità della musica jazz, infatti ad una prima curiosità distratta si è sostituito, quasi subito, un interesse non previsto in anticipo, ma inevitabile. La maestria dei musicisti e l’inaspettato coinvolgimento alle sonorità quasi metafisiche che si sono sprigionate per l’aria, nello stesso tempo concrete e trascinanti, hanno obbligato tutti, compresa chi scrive, a rimanere muti e rapiti, quasi in attesa della scorribanda delle note che hanno rivelato le ansie antiche dell’uomo moderno, il tutto attraverso una carica ritmica che non ammetteva soste.
Durante il concerto, spesso alla tromba di Fresu si è affiancato un altro strumento, tromba o sassofono degli allievi del Conservatorio, che, quasi in un dialogo segreto e pubblico allo stesso tempo, come se vivessero comuni trepidazioni e affanni, si sono scambiati segreti pensieri e immaginifiche speranze, attraverso la musica ritmata dell’andamento jazz dei loro strumenti.
L’esibizione ha subito intonato il brano “Ferlinghetti”, pezzo narrativo di una storia che racconta, a ritmo lento, di ambienti poetici e culturali e della beat generation di cui Lawrence Monsanto Ferlinghetti fu esponente di rilievo. Di un documentario sul personaggio, Fresu ha composto le musiche.
Durante il secondo brano : “Bernie’s Tune”, Fresu ha regalato un assolo di tromba da brivido, è sembrato che parlasse di se stesso, tra pause sonore e lunghe esecuzioni con un fiato quasi infinito, la sua tromba ha parlato di amore, di segreti pensieri, di paure e voglia di vivere.
Sono seguiti due brani di Aldo Bassi, compositore scomparso tra i più apprezzati trombettisti jazz italiani, a cui ha fatto seguito un brano di Dennis Adair, “Everythinge Happens to Me” (Succedono tutte a me) e, ancora, un brano di Roberto Spadoni : “The Rainbow” ( Arcobaleno). In quest’ultimo si è assistito ad una grande interpretazione alla chitarra di Spadoni che, con decisione e leggerezza allo stesso tempo, ricordando i tanti che ci hanno lasciato durante il Covid, egli dice, ha eseguito il brano accompagnato poi dalla tromba di Fresu.
E’ stato poi il momento del brano “ Metamorfosi”, pezzo che lo stesso Fresu afferma di avere scritto nel 1998 nella sua casa in Sardegna e per il quale ha preso spunto dalla “Metamorphosen” di Richard Strauss. Come ogni cambiamento o metamorfosi è stupefacente, così la tromba di Freu e la sua musica, in modo simbolico ed allegorico, rimandano ad un mondo arcaico di bellezza e tranquillità di cui avremmo tanto bisogno oggi.
Lo stesso Freu, in un suo intervento, afferma: “la musica è il mio modo di dare un contributo al mondo con un’idea di bellezza e poesia” ed in effetti egli riesce con maestria a comunicare il concetto di bellezza evocato dalla sua tromba e dalla esecuzione dei vari brani, un’interpretazione che però è anche pura poesia in quanto trasmette emozioni, stati d’animo e concetti in modo potente ed immediato.
La kermesse si chiude con il brano “Ce la posso fare”, ancora di Spadoni nel quale egli, affiancato dalla potente Orchestra del Conservatorio e dalla suadente tromba di Paolo Fresu, esplora le possibilità dei codici jazz e quelle del mondo di oggi, in sostanza un punto di vista personale e disilluso a cui non manca una punta di ironia e nostalgia.
Coinvolgente spettacolo che ha visto un pubblico entusiasta e plaudente che, dopo i saluti di rito, ha richiamato gli artisti sul palco per un bis nel quale è stato ripetuto l’ultimo pezzo presentato e, dopo il quale, è seguito un ultimo e convinto applauso di consenso e simpatia.