A Napoli data al fuoco la “Venere degli stracci”, opera d’arte di Michelangelo Pistoletto

A Napoli data al fuoco la “Venere degli stracci”, opera d’arte di Michelangelo Pistoletto

CronacaRegione

E’ stata data alle fiamme, alle prime luci dell’alba di oggi, la “Venere degli stracci” opera contemporanea di Michelangelo Pistoletto, installata in Piazza Municipio di Napoli a fine giugno scorso.

In merito all’evento Pistoletto, maestro dell’Arte Povera, ha dichiarato: “La società stracciona ha preso il sopravvento”.

Ovviamente sono in corso accertamenti e si cerca di individuare i responsabili attraverso le videocamere della zona e infatti pare sia già stato identificato un sospetto.

La “Venere degli stracci” installata in Piazza Municipio a Napoli, una delle opere più citate e rappresentative dell’arte contemporanea, presentata per la prima volta da Pistoletto nel 1967, era la più grande e monumentale tra tutte quelle realizzate dallo scultore; era alta dieci metri ed era composta di resina e gesso, materiale che si è completamente sciolto a causa delle fiamme lasciando a nudo la mole di ferro che sosteneva il cumulo di stracci.

L’opera, alta sette metri, che nel tempo ha generato discussioni sul suo significato, rappresentava, nelle intenzioni dell’autore, “ come anche in una città come Napoli due elementi come bellezza e miserabilità dell’esistente possano essere, attraverso quest’opera, stimolo di connessione e rigenerazione”.

La Venere era posizionata di spalle rispetto agli osservatori mentre, di fronte a lei, si ergeva un cumulo di vestiti stropicciati, quasi stracci, buttati uno sull’altro, immagine dell’Arte Povera, ad indicare che non c’è oggetto così infimo da non poter essere usato in senso artistico. Dell’opera esistono varie versioni, l’originale è in cemento, mentre successivamente essa è stata realizzata in gesso e poi esposta in varie gallerie del mondo, da Biella alla Tate Gallery di Liverpool, dal Castello di Rivoli al il Toyota Museum of Contemporary Art in Giappone.

Ovviamente quella di Napoli era di dimensioni maggiori rispetto alle altre ed era diventata, in pochi giorni, un’attrazione per turisti e amanti dell’arte.

L’opera, ispirata dalla Venere con mela  dello scultore danese dell’Ottocento Bertel Thorvaldsen, era stata realizzata per accentuare il contrasto tra il candore marmoreo della statua e i colori alla rinfusa degli stracci, il tutto in un particolare equilibrio tra le proporzioni classiche ed il disordine e lo scompiglio degli stracci, antichità e modernità che assumevano anche un carattere di denuncia dei modelli della società consumistica e di massa che riduce tutto a stracci, in confronto all’ordine “sociale” delle società antiche.

L’opera però non era solo una forma di accusa, era anche affermazione del fatto che dal caos può nascere una nuova vita ed una società migliore, opera di bellezza oltre che emblema sociale.

Se è vero che, come sosteneva Picasso: “L’urgenza di distruggere è essa stessa urgenza creativa”, noi ci chiediamo perché bruciare un manufatto così significativo senza creare nulla di altrettanto significativo? Forse, come pensa qualcuno, chi venera l’immagine e dunque l’opera d’arte, venera la realtà di chi in essa è riprodotto? O l’atto è solo di natura ideologica o rappresenta il tentativo di cancellare una testimonianza originale che magari non si condivide? O, peggio, è solo un atto vandalico senza un vero significato?

Il Sindaco Manfredi, dolendosi dell’accaduto, ha ricordato come nei giorni precedenti il rogo, molti siano stati i messaggi social che invitavano a distruggere l’opera di Pistoletto.

La realtà è che sono stati molti i monumenti di Napoli che, nel tempo, sono stati oggetto di vandalismi; nel 1995 alcuni bambini usarono il materiale della “Montagna di sale” di Paladino di Piazza Plebiscito, come campo di battaglia di palle di neve, nel 2002 trecentotrenta teschi di Rebecca Horn, le “capuzzelle”,  furono danneggiati o rubati già durante l’installazione, nel 2003 la spirale di Richard Serra fu utilizzata da vandali come orinatoio o cassonetto di rifiuti, spostati o ruotati anche i lupi di Liu Rouwang in Piazza Municipio, tutti esempi questi di teppismo nei confronti di forme di arte e di pensiero che vogliono rivelare la verità in forma di produzione artistica sensibile.

Le fiamme che hanno distrutto la “Venere degli stracci” sono perciò espressione di un gesto di ignoranza e presunzione e dunque un vergognoso atto contro la libertà di pensiero e il diritto artistico di interpretare il mondo in forma originale e personale, ma soprattutto un gesto di rifiuto dell’immaginazione umana come sprone ad una visione sempre nuova e creativa dell’esistenza umana, oltre che di elevazione dell’animo e manifestazione della nostra interiorità.