VIDEO – “Memoria è Umanità”, Massimo Cacciari al San Marco di Benevento
CulturaPresso il Teatro San Marco di Benevento, all’interno delle attività previste dal Laboratorio su “Shoah: memoria, didattica e diritti” dell’Università Giustino Fortunato, si è tenuta, nella mattinata del 6 dicembre, la lectio magistralis del filosofo, saggista, politico e opinionista italiano Massimo Cacciari.
Affollato il teatro di studenti di vari istituzioni superiori della città e della provincia, tutti in attesa della dotta lettura del tema dell’olocausto da parte del pensatore/filosofo.
Hanno accompagnato Cacciari sul palco Paolo Palumbo, professore associato della Giustino Fortunato nonché coordinatore del laboratorio in parola e Fiorenzo Masetti, Direttore Amministrativo della stessa università.
Dopo i saluti di rito da parte del Palumbo, che ha ricordato il significato della memoria del genocidio ebraico per la storia della nostra umanità e dopo aver porto i saluti di Giuseppe Acocella, Rettore Unifortunato, assente per motivi familiari, la parola è stata data al Cacciari che ha subito premesso di voler articolare il suo intervento approfondendo il tema della memoria della shoah e soprattutto delle cause che l’hanno generata.
Ricordare, dice, non è semplicemente un commemorare generico, ma è soprattutto riportare una cosa al proprio cuore, rimetterla al centro e renderla indimenticabile, infatti il ricordo è strettamente collegato all’oblio, che non potrebbe esistere se non avessimo qualcosa da ricordare. Ricordare però è possibile solo se ci rifacciamo a ciò che conosciamo e che, in qualche modo, è vivo nel nostro presente e può ancora influenzare la nostra vita attuale.
Ricordiamo dunque, perché le conosciamo, le cause storiche che portarono alla nascita del nazismo, un processo che Aristotele definiva “scire per causas”, come la pace di Versailles, la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, la disoccupazione e la miseria da ciò generate, la debolezza della Repubblica di Weimar, una democrazia “senza scettro” perché non in grado di combattere i propri nemici, compreso il nascente Nazismo, un antisemitismo diffuso, come del resto accadeva anche in altri paesi europei e la paura della rivoluzione dell’ottobre russo.
Il Nazismo aveva ben chiaro il suo programma fin dall’inizio, ideologia che ha attuato in modo tecnico preciso, un odio razionale che non è giustificabile secondo le cause storiche indicate, in un processo che vede una specie di salto da questioni storiche a pratica di annientamento, anzi di annichilimento di un popolo; gli ebrei non erano da asservire o conquistare, erano da far scomparire del tutto come esistenti, in un fine politico tecnicamente perseguito.
La ragione di tale fenomeno, ha affermato, è da ricercare in quel “male radicale” di cui ci parla E.Kant, in una chiave non più solo storica, ma filosofico/antropologica. Moltissimi si sono interrogati sul fenomeno nazista, come ha fatto anche Hanna Arendt che ha definito la crudeltà nazista una “banalità del male”, mentre ricordiamo che un intero popolo, quello tedesco, ha assecondato il fenomeno nazista secondo il criterio della “ordinalità” del male, in un passaggio dal comune bisogno di libertà ad un altrettanto naturale atteggiamento di servitù, di sicurezza, perchè gli uomini hanno bisogno di obbedire, contraddicendo in ciò la passione per la libertà quando hanno un pastore che li guida e che li libera da responsabilità.
In noi convive ragione e follia radicale, afferma Cacciari, quasi fossero due forze presenti, insieme a molte altre, in ciascuno di noi. Il Nazismo ha individuato negli ebrei il proprio nemico, antagonista da annichilire, non solo sconfiggere, emulo della concezione umana che possiamo cancellare, dunque annichilire tutto e tutti, che qualcosa che è, sia niente, estremo concepibile, che abbiamo in noi, della volontà di potenza, quasi che il nostro nemico non sia umano e dunque eliminabile.
Una mentalità che potrebbe ripetersi in ogni momento, per questo il male va estirpato alla radice, educando al fatto che la nostra potenza è solo plasmatrice, non distruttiva. Questo vuol dire ricordare e conoscere, ribadisce il filosofo.
S. Agostino, afferma, ci dice, che la nostra memoria ha la particolarità di ricordare che dimentichiamo, facoltà che nessuna intelligenza artificiale potrà mai avere, questa è l’umanità del ricordo, una memoria che ha in sé l’oblio, la macchina artificiale funziona senza la “dotta la ignoranza” di cui parla Cusano. Il nostro sapere è fatto di ciò che non sappiamo, per questo siamo sempre alla ricerca della conoscenza, ma se come diceva Nietzsche “ci vuole molta forza per dimenticare”, dobbiamo dare a questa dimenticanza un valore positivo perché la dimenticanza permette, in molti casi, di giungere con l’altro ad una pace.
“Dimenticare” ha però affinità semantica con “perdonare”, una vera concordia si può avere con il ricordare, ma soprattutto con il dimenticare, se infatti dimenticassimo/perdonassimo, forse si potrebbe arrivare, dove c’è stato un conflitto, ad una pace.
Un grande applauso ha accompagnato la lezione di Cacciari che non si è sottratto, in seguito, alle tante domande poste dagli allievi presenti, in un afflato di pensiero e di riflessione che si è spinto presto, come era naturale che accadesse, ben oltre l’importante tema della Shoah.