Le donne di “Ses Son Rose” alla Rocca dei Rettori animano il palcoscenico della Città Spettacolo (FOTO)

Le donne di “Ses Son Rose” alla Rocca dei Rettori animano il palcoscenico della Città Spettacolo (FOTO)

Cultura

Il laboratorio di recitazione e sperimentazione scenica, il Test- teatro Stage, curato da Monica Carbini, ha portato in teatro, precisamente nel cortile della Rocca dei Rettori di Benevento, lo spettacolo, tutto al femminile, di “Ses Son Rose”, opera teatrale della Città Spettacolo che vuole denunciare le storture del rapporto di coppia e le relazioni distorte che riguardano le donne, tanto con i propri compagni che con le deviazioni sociali che le riguardano.

Lo spettacolo, che ha preso spunto dalle opere di personaggi come Saffo, Dante, Shakespeare. Molière, Goldoni ed Eduardo, ha saputo divertirsi anche facendo riferimento a personaggi come Franca Valeri, James Joyce, Cvetaeva, Billy Wilder e con la rielaborazione personale di Antonella La Frazia e Maresa Calzone.

La rappresentazione, pur ambientata in un luogo antico e storico, quale la Rocca dei Rettori, si è poi rivelata molto attuale e reale. 

E’ stato la denuncia, senza fronzoli e prudenze, dei rapporti malsani con l’altro sesso che spesso affliggono l’universo femminile, da quello delle violenze domestiche, spesso sottaciute per salvaguardia della famiglia e per timore di possibili conseguenze, alle violenze di natura sociale che le donne vivono quotidianamente quando provano a condurre una vita di libertà che viene poi accusata di essere insopportabile per i clichè che la società ha creato ed impone.

Protagoniste della rappresentazione scenica sono state Maria Pia Boffa, Francesca Bozzella, Alessandra De Figlio, Emma Di Maria, Antonella La Frazia, Sofia Romolo, Marialuisa Russo e Annachiara Serino.

Storie di donne particolari e delle loro vicende, vite al femminile che costruiscono le loro scelte tra situazioni bizzarre e momenti di ingenuità che le relegano in una realtà spesso inaccettabile, ma di usanza sociale consolidata da cui esse stesse, spesso, non sanno uscire.

Donne che parlano di donne senza le categorie del puro femminismo, ma con un esame della realtà molto attuale, una verità troppo spesso ignorata o data per scontato, ma che uccide il libero pensiero e le normali scelte che ogni essere umano, al di là dell’appartenenza di genere, può ed ha il diritto di fare.

Il percorso teatrale è partito dalla storia di una donna vittima del proprio compagno, madre di due figli, ma schiava del compagno che, senza amore né rispetto per la sua donna, la usa come un padrone fa con il servo, proprietario di ogni cosa e delle vite di chi gli sta vicino. Una donna che, quasi a sua insaputa, sceglie alla fine di ricorrere ad uno stratagemma casalingo per liberarsi per sempre del proprio padrone.

La paura di un lui violento, del “si dice “della gente che emargina chi va apparentemente contro corrente, costringe spesso una donna a tacere e stringere i denti per andare avanti.

Ci sono poi donne che ancora si illudono di cambiare il proprio lui, si aggrappano ai pochi ricordi piacevoli della loro vita insieme, chiedono aiuto a Dio, sperano in un cambiamento che non arriva mai.

Altre donne pensano di compiacere il proprio uomo curando se stesse, fin quasi all’esasperazione, dimenticando cosa è davvero importante per se stesse, imparano ad accettare il disinteresse del compagno perché “così capita” con il passare del tempo, sognano realtà alternative per dare forza al proprio presente, magari cercando un compagno ricco, assistono al procedere di rapporti che si trasformano in burle quando lui passa dall’amore alla cattiveria.

Non sono mancati però riferimenti a grandi amori della storia della letteratura, come quello tra Paolo e Francesca, tra Dante e Beatrice, quest’ultimo un po’ ridicolizzato dal rapporto platonico tra i due, di Romeo e Giulietta, fino al riferimento alla “Locandiera” di Goldoni.

Sono state però ricordate anche donne salottiere come la “signora Cecioni”, personaggio di Franca Valeri, fino a quelle solide e decise negli affetti e nelle scelte come “Filomena Marturano”, la donna di Don Domenico che, per sconfiggere la povertà e sostenere i figli, si finge in fin di vita e costringe lui, in “articulo mortis”, a sposarla.  Donna coraggiosa che, in questo caso, abusa del maschio per sostenere i suoi bisogni di madre.

Infine un passaggio interessante è stato quello in cui sono state evidenziate le difficoltà dell’essere donna nella società attuale, gli obblighi a cui sottostare sul come vestirsi, comportarsi, parlare, truccarsi ed altro, tutto per compiacere gli uomini, dimenticando cosa davvero compiace se stesse.

Dunque spettacolo di verità, immaginazione, poesia e fantasia, con grande attenzione alla realtà del nostro tempo ed alle storture che la caratterizzano, una denuncia di donne che potrebbe essere di qualunque essere umano, il tutto articolato dalla bravura della regista Monica Carbini che è riuscita  a fare del gruppo teatrale di donne che l’hanno accompagnata nel suo lavoro, un team di professioniste che sono state capaci di disegnare il mondo al femminile nella più accattivante e veritiera realtà.