ESCLUSIVA BN24 – Improta: “Mi spiace per come è finita, ma Benevento resterà per sempre nel mio cuore””
Benevento CalcioCalcioSidebar intervistaRiccardo Improta, intervistato in diretta sulla pagina Facebook di BeneventoNews24.it dal Direttore Gerardo De Ioanni nella rubrica #SenzaFiltro, ha ripercorso i suoi 6 anni con la maglia del Benevento tra Serie A, B e C, in cui ha collezionato oltre 200 presenze.
Queste, dunque, le parole dell’ex calciatore giallorosso, che ha ripercorso i suoi anni all’Ombra della Dormiente parlando anche del controverso addio di quest’estate e rivolgendo un messaggio di saluto ai tifosi della Strega:
Partiamo dall’arrivo a Benevento, nella stagione 2017-18: che ricordi ha di quell’annata? “Ero al Bari, in prestito dal Genoa, poi il Benevento con uno scambio mi prese a titolo definitivo. Era la prima volta che diventano di proprietà di un club e giocavo con quella maglietta. Fu un Benevento nuovo, arrivarono tantissimi giocatori tra cui Nocerino e Insigne. Non ci nascondevamo, il Direttore Foggia e il Presidente Vigorito puntavano a tornare in massima serie. Il primo anno è stato particolare, ci dovevamo conoscere tutti anche con Mister Bucchi, persona d’oro che proponeva un calcio propositivo. E’ stata lunga, siamo arrivati ai play-off vincendo 2-1 contro il Cittadella e poi c’è stato il ritorno, una partita sciagurata con qualche errore e un pizzico di sfortuna: Ricci prese il palo dopo 10′, avremmo potuto vincere subito al primo anno. Dominammo quella partita, ma è stato il film della stagione di Bucchi“.
Dopo arrivò Mister Inzaghi e il ritorno del Benevento in Serie A: come andarono le cose in quella Stagione dei Record? “Lì c’è stato lo zampino del Direttore Foggia, che ha confermato quasi tutti i calciatori che volevano rimanere a Benevento credendo nel progetto triennale. Eravamo rimasti tutti, ne andarono via in pochissimi e arrivarono Schiattarella e Hetemaj, che con Viola facevano un centrocampo tra i più forti di sempre. Facemmo un campionato incredibile guidati da Mister Inzaghi, che è in grado di creare una mentalità e una cattiveria dal primo all’ultimo giorno. Ha la stessa fame che aveva da calciatore, con il Covid non vincemmo il campionato ma lo stravincemmo. Già prima del Covid avevamo praticamente già vinto, non so quanti punti di vantaggio avevamo. E’ stata un’annata progettata bene e coronata con la vittoria del campionato che meritavamo tutti, come squadre e come gruppo. C’erano Del Pinto, Volta e giocatori che c’erano già da tempo. E’ stata un’annata stupenda che ci ha portato in Serie A”.
Quale era un segreto di quel Benevento? “Le qualità tecniche erano indiscusse. Il segreto è stata una grande fame, da parte di tutti. C’erano giocatori che aveva fatto annate importanti, anche in Serie A, e che volevano arrivare in Serie A sia per fame personale sia per fame di gruppo. Mister Inzaghi ci ha trasmesso questa voglia, era una lotta giornaliera anche nelle partitine d’allenamento. Per me l’emblema di quell’anno è l’ultima gara, contro l’Ascoli: noi avevamo più di 20 punti di vantaggio e loro dovevano salvarsi, a fine primo tempo eravamo 2/3-0. Era come fosse una finale play-off, il Mister ci aveva fatto vedere il record da battere e lo battemmo“.
Quanto è stata grande l’emozione di vincere il campionato di Serie B con il Benevento? “E’ stata un’emozione grandissima. Avevo vinto il campionato a Bologna, in prestito dal Genoa, ma vincerlo a Benevento, con il club di proprietà, giocando sempre o quasi sempre e con quel gruppo, è stata una grandissima emozione e un grandissimo vanto. Sono legatissimo alla piazza e a Benevento, la promozione è stata il coronamento di un sogno e uno dei ricordi più belli“.
Anche sotto il profilo del ruolo in cambio ci sono stati cambiamenti: da esterno d’attacco a quinto e a volte anche terzino. Quanto questo è sintomo di attaccamento alla squadra e alla maglia? “Mi avete conosciuto bene in questi anni, ho sempre messo davanti il risultato di squadra a quello personale. Sono sempre stato e sono ancora un esterno d’attacco, nell’anno in A Mister Inzaghi mi ha fatto giocare mezz’ala e mi ci sono trovato. Quando un attaccante comincia a difendere, diventando quinto o terzino, sicuramente come ho fatto io dà tutto quello che ha ma certamente perde in via numerica e di prestazioni. A livello numerico ho sempre giocato, ma negli ultimi anni soprattutto magari ho fatto più assist che gol. Anche in famiglia, però, ho sempre detto di aver fatto questi ruoli perché il legame che avevo e ho con il Benevento è molto ma molto importante e nessuno a Benevento può dire che non ho dato tutto in ogni partita“.
Che cosa successe a quel Benevento, a cui mancavano pochi punti per la salvezza dopo la prima parte di stagione in Serie A? “A Firenze c’è stato il mio gol, ma è stata uno spartiacque. Partimmo malissimo, con la sconfitta in Coppa Italia contro l’Empoli che era in B, e ci fu una lunga riunione: cambio qualcosa, scattò la scintilla in tutti. Per 8-9/11esimi eravamo gli stessi della Serie B e facemmo una grandissima stagione fino a gennaio. La Serie A ti mangia, è un livello alto e non devi mai mollare la presa: nel momento in cui ero al 98% e non al 100% venivo mangiato. Quell’anno ci sono stati anche diversi infortuni, come Letizia e Schiattarella: sono state perdite incredibili, Letizia non è mai riuscito ad avere continuità a livello fisico e Schiattarella ha preso il Covid ed è tornato dopo due mesi. Non eravamo pronti rispetto alle altre squadre che galoppavano ed erano più abituate a una situazione del genere, anche psicologicamente è stato difficile. La vittoria di Torino ci diede un po’ di ossigeno, ma ci sono stati diversi fattori: con un po’ di fortuna in più potevamo salvarci. Al di là dei luoghi comuni Benevento merita la verità, la piazza merita solo persone pure e sincere. Mi permetto di dirlo perché non so in quanti ci siano stati così tanto tempo e abbiano raccolto più di 200 presenze, come me“.
Era cambiato qualcosa, a livello anche di spogliatoio, nella comunicazione di Mister Inzaghi? “Quella Serie A era uno spartiacque per tutti, non solo per il Mister. In quel periodo, avendo perso Letizia e Schiattarella e con Lapadula che è riuscito a sbloccarsi alla fine, forse il Mister si riferiva principalmente al fatto di avere una rosa corte e quindi si aspettava qualcosa dal mercato. Erano arrivati Caprari, Glik e Ionita, ma forse a gennaio poteva servirci qualcuno che conoscesse bene quella situazione per avere qualcosa in più per il girone di ritorno e portare la barca in porto. E’ stato un anno particolare, quando i risultati non arrivano e sei 2-0 contro il Torino, poi ti fanno 2-1 e al 90esimo 2-2…anche il pareggio contro il Parma…sono annate in cui alla fine ci si mette un po’ di tutto, il calcio a volte è beffardo. Se Lazio-Torino non fosse stata rinviata e se Immobile avesse segnato il rigore, forse, staremmo parlando di altro…“.
Che cosa accadde con Lapadula l’anno seguente, in cui probabilmente senza quell’intoppo si sarebbe potuti tornare direttamente in Serie A? “Sono d’accordissimo. Quell’anno è successa una confusione totale tra Lapadula e la società. Tutti volevamo tornare a giocare in Serie A, Lapadula era legato a un contratto ed è un professionista serio: in quel periodo ha avuto dei comportamenti non giusti. Tutti ci aspettavamo che dopo una buona stagione in Serie A potessimo subito tornarci. Lui fece un buon girone d’andata, poi da gennaio in poi cominciò una guerra che ha destabilizzato l’ambiente. Un giocatore come Lapadula che crea tutto quel macello con il Presidente, cause con presenti giocatori come me e Letizia, vice-capitano e capitano con un contratto triennale, che dovevamo prendere le parti del Presidente. Lapadula voleva andare via e non ha avuto bei comportamenti in quel periodo, ma si è creato una confusione che in altre squadre non sarebbe accaduta. Alla base ci deve essere sempre la società che riesce a gestirla bene, senza intaccare tutto lo spogliatoio. Facemmo una riunione di 6-7 ore allo stadio per risolvere questa questione, c’erano giocatori appena arrivati e Moncini che viveva questa situazione di Lapadula. Erano situazioni non belle per uno spogliatoio, il bene del gruppo alla fine porta i risultati perché siamo sempre noi ad andare in campo. Perdemmo tanto quell’anno per quel caso, poi il colmo fu quando Lapadula tornò suoi suoi passi e levò la causa trovando un accordo con la società, tornando titolare e facendo anche gol. Con lui centravanti titolare tutto l’anno magari sarebbe stata un’altra storia, perché 20-25 gol te li avrebbe fatti. La squadra era forte“.
L’anno seguente, quello della retrocessione dalla B alla C e l’anno dei quattro allenatori, cominciò con una situazione d’incertezza attorno a Mister Caserta: come la percepivate? “La situazione d’incertezza si percepiva, un calciatore e una piazza si rende subito conto della situazione. Nello spogliatoio tu vivi le stagioni, come vengono progettate e come si va in ritiro. Mister Caserta pra è a Catanzaro e mi ha chiamato tantissime volte, è una persona per bene e pulita e in questo mondo non ce ne sono tante. Quella stagione già c’erano i dubbi per la riconferma, avevi fatto un mercato per la sua squadra, eravamo partiti neanche malissimo ma a Genova il Mister era stato praticamente esonerato e ce lo aveva anche detto: pareggiammo con una buona partita e un Paleari da 9 in pagella. Già nelle amichevoli estive si sentiva aria di non fiducia. In quell’estate il Presidente mise anche in dubbio la sua continuità in presidenza, non era una bella cosa così all’improvviso. Poi venne esonerato Caserta e arrivò Cannavaro, che portò una ventata di entusiasmo ed esperienza creando un vero gruppo.
Che cosa cambiò con l’arrivo di Mister Cannavaro? Quando il Presidente, e faccio un salto in avanti, ci ha comunicato l’esonero di Cannavaro e Foggia alla fine della partita contro il Venezia, piangevamo tutti: questa cosa non la avevo mai vista in 13 anni di carriera. Quando è arrivato, comunque, avevamo 12 infortunati di cui 8 titolari, poi ci furono tante partite che vincevamo e pareggiammo o che pareggiavamo e perdemmo. Il mio rimpallo a Genova…ne parlano tutti, ma fu un rimpallo. Secondo me era una stagione partita male, poi siamo entrati in un tunnel dove eravamo davvero in pochi a crederci. Personalmente non conoscevo Mister Cannavaro, ma conoscevo il fratello e Troise: ci voleva un po’ di tempo per prendere confidenza, era Campione del Mondo e Pallone d’Oro e per noi napoletani rappresentava qualcuno che ce la aveva fatta in tutto e per tutto. E’ rimasto un punto di riferimento per tutti, è stato sfortunato perché è arrivato nel momento sbagliato per il Benevento. Quando, dopo la Spal, parlò di dimissioni, gli abbiamo detto che non si doveva permettere perché, se ci fosse stato lui tutto l’anno, sono sicuro che ci saremmo salvati: c’era un legame troppo forte. Anche solo con Caserta, forse, ci saremmo salvati: conosceva tutti i nostri pregi e difetti. Dopo Mister Cannavaro si è messo di nuovo in dubbio andando a Udine e conquistando una salvezza difficile. Per lottare c’è bisogno di tutti, se siamo in 25 e dietro di me vedo poca gente la realtà è che diventa molto difficile conquistare un obiettivo. Ho letto “gruppo di napoletani” e cose del genere, ma noi gruppo storico di 12-13 persone abbiamo fatto di tutto per parlare con tutti e convincerli del fatto che la retrocessione sarebbe stata un problema per tutti. Gli allenatori venuti dopo Cannavaro sono stati errori, non per altro ma perché era tosta unire un gruppo che non c’era più: questa è la realtà di una stagione in cui è andato tutto male“.
L’estate seguente, in cui si parlava di un suo addio, se ne dissero di tutti i colori: come andarono le cose? “Non farò mai i nomi, ma la realtà è che sono state scritte tantissime cose non corrette. La mia volontà era quella di ambire a qualcosa di importante, come tutti, ma scrivere che non volevo stare più a Benevento era solo perché la gente è cattiva e non ha niente da fare, senza sapere che cosa stava accadendo a me personalmente. Andrai in ritiro con Mister Andreoletti e il D.T. Carli, mi vennero fatte promesse fino ad aprile-maggio di quest’anno che però non vennero mai mantenute. Ho un pregio, che forse è un difetto: mi rendo sempre disponibile per fare tutto. Promesse di rinnovo o dell’essere punto di riferimento, come lo era prima e lo è ancora: lo si può chiedere a Talia, Pinato, Berra e Pastina, sono sempre stato un punto di riferimento in tutte le piazze in cui ho giocato. Tante volte ho cercato di parlare con la società, ma non mi è mai stata data la possibilità. Non avevo mai fatto la C, tranne quando avevo 17 anni a Lanciano, e l’anno che sono rimasto in C in scadenza a promesse non mantenute sono state l’unico calciatore del Benevento a giocare tutte le partite. Non avevo neanche la fascia al braccio, non che fosse una cosa fondamentale perché si è Capitani anche senza fascia. Sento Ciano, Marotta e Paleari, i tre Capitani dell’anno scorso: è una situazione paradossale, un giocatore che è da 6 anni a Benevento e ha fatto A, B e C non ha mai avuto la fascia di Capitano e non è mai stato neanche nominato. Loro tre, poi, quest’estate sono andati tutti via: è sintomo di progettualità che non parte bene. Ero un punto di riferimento per tutti, anche grazie all’aiuto di mia moglie“.
Che cosa accadde l’anno scorso, dall’arrivo di Mister Andreoletti all’esonero e al ritorno di Mister Auteri? “Mister Andreoletti ha vissuto momenti difficili, in ritiro c’erano giocatori che non volevano mettere piede a Benevento o chi pur volendo rimanere non voleva giocare. Era un momento difficile, ora a Padova sta facendo benissimo perché è molto preparato, ma era un’annata complicata e forse doveva andare così. Poi è arrivato Mister Auteri conosceva già l’ambiente, pregi e difetti, e abbiamo fatto un ottimo girone di ritorno ma ai play-off forse non ci siamo arrivati benissimo fisicamente. Siamo stati un po’ fortunati, con la Torres meritavamo di uscire e forse anche con la Triestina, mentre con la Carrarese siamo stati un po’ sfortunati. E’ stata una buon’annata per ripartire, non da buttare, e infatti quest’anno se ne vedono i frutti soprattutto con i giovani: Talia, Prisco, Perlingieri che viene dalla Primavera e lo stesso Alfieri che a me piace tantissimo anche se forse non si è ancora riuscito a esprimere. Il Benevento ha ottimi giovani e si vede ora, seguendo la squadra come fosse la mia“.
Il caso scommesse, tema molto delicato, è stato additato tra le cause che hanno portato alla retrocessione del Benevento: come cosa è accaduto? “Ho vissuto quei momenti, la verità è sempre nel mezzo. E’ stato dimostrato, anche a livello giuridico, e parlare di persone che hanno scommesso sul Benevento è una follia. Non è così, si poteva sbagliare in campo e ognuno nella propria vita fa ciò che vuole. Noi dobbiamo essere giudicati per quello che facciamo in campo, da professionisti, e non su tutto. Parlare di retrocessione per questi motivi è da immaturi e da stupidi, le cose sono andate come ho raccontato. Questa cosa è uscita e ci sta già pensando chi di dovere, ma nell’annata fallimentare della retrocessione del Benevento dalla B alla C non c’entrano nulla le scommesse“.
Dopo la fine della scorsa stagione, nonostante le promesse di rinnovo, sei andato via da svincolato: hai sentito qualcuno in società prima dell’addio e ti aspettavi qualcosa di diverso? “A 30 anni nel mondo del calcio non mi aspetto più niente da nessuno. Sono arrivato a Benevento da fidanzato, mi sono sposato e ho avuto mia figlia che ora ha tre anni e lei, pur sapendo che è di Pozzuoli, mi parla di Benevento. Sono andato via da Benevento come un giocatore in prestito da un anno, non ho sentito nessuno e ho scritto un messaggio anche al Presidente per incontrarci. Come famiglia, dopo 6 anni il bello e il brutto lo abbiamo vissuto insieme. La parola “insieme” mi è sempre piaciuta, stimo Vigorito come persona e come Presidente e lo avrei voluto rivedere anche solo per un saluto o una chiacchiera. Ho anche un quadro con la scritta “insieme”, che mi è stato regalato dalla squadra. Sono un ragazzo pulito che ha sempre dato tutto per questa maglietta, qui ho sempre sentito il legame con la maglia e con la squadra. Mi sono sempre comportato bene, facendo 35 partite a stagione e anche l’anno scorso in C nonostante promesse non rispettate e offerte da fuori mai accettate. In 6 anni ho sempre dato tutto per la squadra, sudando la maglietta, e su questo nessuno mi può dire niente. Quest’anno il Presidente non mi ha riposto quando ai primi di agosto gli ho mandato un messaggio, il Direttore Carli doveva chiamarmi a giugno ma mi ha scritto solo tramite messaggi. Per questo mercato ho lasciato il mio agente dopo 11 anni, Giuffredi, e ho preso Pisacane, ma ora l’ho cambiato di nuovo perché non mi sono trovato bene. Sono andato via come fossi un giocatore in prestito, come qualcuno che non era stato a Benevento 6 anni e con 200 presenze: era l’ultima cosa che volevo. Da agosto dell’anno scorso fino a oggi non ho mai avuto una proposta di contratto con il Benevento, io per Benevento ho fatto molto più dei soldi e davanti a una loro proposta non avrei mai pensato ai soldi. Il mio piacere più grande ora è vedere i ragazzi che giocavano con me, è un piacere vederli a Benevento e magari vedere il Benevento arrivare primo e vincere con questi ragazzi. Non è andata a finire come doveva finire. Magari tornerò e abbraccerò tutti, ma ci sarà freddezza con la società. Non mi sono mai comportato male con qualche persona“.
Quali sono le prospettive per il suo futuro? “Al mio futuro avevo chiesto al mio procuratore di tornare in B, in C ci sono stato solo per il Benevento. Non si sono trovate soluzioni di mercato, a 30 anni non ho bisogno di dimostrare qualcosa ma devo scegliere e ponderare le situazioni perché ho una famiglia. Qualcosa chiuderò a breve, si leggerà sicuramente: ho tanta voglia di ripartire, la fame che avevo a 20 anni la ho ancora. Potrei giocare vicino casa, ma la mia famiglia mi vuole accompagnare dappertutto e ripartirò a breve. Non so se ci vedremo come avversari o meno, ma a breve saprete del mio futuro“.
Che idea si è fatto di questo Benevento, pensa possa conquistare questo campionato? “Assolutamente sì. Leggo che anche il Presidente e il Direttore non si nascondono, puntano alla vittoria del campionato come è giusto che sia. Vedo un giusto mix, arriveranno sicuramente momenti difficili ma l’importante è che il gruppo mantenga. Spero che nei momenti difficili, che in una stagione arrivano a tutti, gli esperti si uniscano ai più giovani ed emerga la forza del gruppo. Sarò di parte, ma vedere ragazzi piccolissimi che venivano in ritiro con noi . Spero che rientri anche Pastina e che possa risolvere tutti, abbiamo avuti cori contro insieme ma è uno dei giovani che è da 8-9 anni a Benevento e ha giocato anche in Serie A. Per il Benevento queste devono essere soddisfazioni“.
Come vorrebbe salutare i tifosi giallorossi? “Ci tengo a salutare tutti, dal primo all’ultimo, perché in sei anni mi avete fatto sentire a casa. Sono arrivato a Benevento da ragazzino e me ne sono andato da uomo, ringrazierò sempre anche la società. Ringrazio magazzinieri e addetti ai lavori, tutti: non faccio nomi, altrimenti verrebbe una lista lunghissima. Sono stato felice di gioire e lottare con e per tutti voi, tornerò spesso perché Benevento è stata mia. Sono molto legato alla città e alla squadra, la maglia delle 200 presenze ogni volta che la guardo mi ricorda il legame e l’affetto che ho“.