Benevento, Vigorito: “Primo posto? Ci speravamo, ma vogliamo continuare a sognare”

Benevento, Vigorito: “Primo posto? Ci speravamo, ma vogliamo continuare a sognare”

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Il Presidente del Benevento, presente insieme a tutta la squadra giallorossa a Montefalcone di Valfortore per il primo appuntamento dell’iniziativa “ConosciAMO Benevento”, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito.

Così, dunque, Oreste Vigorito in merito all’importanza di questo tour, dei buoni risultati del progetto giovane e non solo:

SULL’INIZIATIVA “CONOSCIAMO BENEVENTO”: “Questa è la prima tappa dell’iniziativa. San Giorgio la Molara è stato un invito singolo da parte dell’Amministrazione, noi siamo andati come Benevento Calcio perché eravamo stati invitati. Questa invece è la prima tappa di un tour che ha organizzato il Benevento Calcio, abbiamo contattato le Amministrazioni e ci è sembrato utile iniziare“.

SUL BENEVENTO PRIMO IN CLASSIFICA IN CAMPIONATO E NEL MINUTAGGIO DEI GIOVANI: “Sono 9.725 minuti dell’impiego degli Under, ma non è una soddisfazione: il calcio dà e toglie, è l’avvio di un sogno e di un progetto che avevo avuto il piacere di comunicare alla stampa in conferenza e che è cominciato lo scorso anno. Quando vuoi rinnovare il guardaroba c’è qualcosa che non riesci a mollare a nessuno, quindi il progetto è cominciato e ha fatto i primi passi con prove e tentativi mentre quest’anno è al secondo step. Era il sogno di mio fratello, il sogno di tutti i Presidenti: vedere i ragazzi del proprio vivaio salire su. In A e B non è possibile una cosa del genere, c’è troppa differenza tra le squadre che già ci sono e le squadre che ci arrivano. Il ritorno in C ha comportato due effetti, tra cui capire quali erano stati gli errori arrivati in A. Una delle cose che abbiamo analizzato e pensato era il fatto che ci trovavamo di fronte a una rivoluzione nel mondo del calcio dovuta all’ingresso di fondi internazionali e grandi competitors con cui una proprietà come Vigorito e una provincia-piazza come Benevento difficilmente poteva competere. Ci siamo guardati attorno e rimboccati le maniche, pensando che l’unico modo per fare calcio in una squadra di Provincia era quello di valorizzare i propri elementi, come dissi due anni fa, se ce ne fossero stati.

Abbiamo guardato e chiesto ai nuovi Dirigenti, chiamati per questo visto che avevano una lunga esperienza nel mondo del calcio. Volutamente abbiamo chiamato Carli e Andreoletti, con quest’ultimo che ora veleggia primo in classifica: ma quella squadra non era ancora pronta per Andreoletti e non era pronta per questo tipo di vantaggio, perché c’erano troppi elementi rimasti in ottimo rapporto con la città e delusi dalla società. Questa cosa dispiace, sono stato felicissimo quando i delusi mi avevano portato in B e poi in A, ma magari mi avrebbero portato anche in D. La virtù di un uomo non è essere felice quando vince, ma quando perde: io lo ero, ma pur non restando deluso ho capito che forse era meglio ricominciare da capo. Troisi diceva “Ricomincio da Tre”, io vorrei ricominciare da 11 ma ho 6-7 giovani: se ne trovo altri quattro del vivaio meglio, se li trovo fuori ancora meglio perché dall’anno scorso il Benevento Calcio sarà questa squadra. Con nomi diversi e con facce diverse, ma ragazzi che hanno un merito. Non so se diventeranno campioni o se già lo sono, ma hanno il merito di non confondere l’attività di calciatore con un sacrificio. Per giocare a calcio io litigavo con tutti, uno che gioca e che sta sui campi con gente che lo applaude e guadagna anche qualcosa di soldi non può dire che fa sacrifici: se si riferisce alla fatica sì, ma fare quello che ti piace non è mai un sacrificio. Se fai le cose che ti piacciono diventi top, il numero uno: vorrei avere tanti top in squadra“.

SUL SUPPORTO DEI TIFOSI IN CASA: “Molte volte le mie espressioni relative alla tifoseria sono state fraintese con una critica che eravamo pochi. Negli ultimi 6-7 mesi non ho detto più nulla, ho visto e capito e mi fa molto piacere che esiste un ritorno al passato. A parte il numero di presenze che è notevolmente aumentato rispetto alla categoria che stiamo facendo, c’è proprio un altro feeling tra la squadra e la tifoseria. Ho sempre paura delle cose che si infiammano improvvisamente, nel calcio i fuochi fanno presto ad accendersi e difficilmente si spengono. Devo dire, però, che quest’anno si respira un’altra aria. Che sia spinta dalla squadra al tifoso o dal tifoso alla squadra poco importa, l’importante è che ci sia un vento che spira tra le due parti.

La squadra non è mia, ma della tifoseria e della città: si chiama Benevento. Amare il Benevento è un dovere per chi è di Benevento, anche se non è tifoso di calcio: per quello che porta e ha portato la squadra alla città. E’ un’iniziativa, industriale o sociale o come volete, ma ha fatto sì che Benevento sparisse come Provincia di Napoli e diventasse Provincia di Benevento. Molti conoscevano poco la città, invece merita di essere conosciuta per le bellezze che ha e per i beneventani e i sanniti in generale. Prima ho detto che sono arrivato qui trent’anni fa, avevo due giapponesi con me e i bambini di questo paese correvano avanti e indietro perché non li avevano mai visti. Hanno consentito tante cose e anche un po’ di questo campo dipende dai sacrifici che ha fatto la popolazione. Benevento deve, anche attraverso il calcio, trovare una sua maggiore visibilità nazionale, perché lo merita: intendo tutta la provincia sannita. E’ solo una questione di tempo, anche noi ritorneremo“.

SULL’INIZIO STAGIONALE DELLA STREGA: “Speravo in quello che sta succedendo. I sogni sono belli perché li sogni, quando diventano reali hanno un piccolo problema: ti fanno fare altri sogni. Voglio arrivare al sogno finale per capire se abbiamo solo sognato, e sarò felice perché già sognare è una virtù, o se mi devo svegliare e ricominciare a lavorare. Spero di sognare ancora“.

SULLE VITTIME FOGGIANE DELL’INCIDENTE DI DOMENICA SERA A POTENZA: “In Italia stanno accadendo troppe molte per incidenti: lavoro, strade e altro. Tutte le persone, a fronte di tragedie come queste, non possono rimanere insensibili. Io ho un piccolo difetto, non lo manifesto mai: non perché lo considero una debolezza, ma perché credo che il dolore debba rimanere dentro mentre fuori devono esserci le azioni e non le chiacchiere, che qui se ne fanno già troppe“.