ESCLUSIVA BN24 – Aruta: “A Benevento ho lasciato il cuore. Strega costruita per vincere, ma occhio al Taranto…”
Benevento CalcioCalcioSidebar intervistaAbbiamo raggiunto telefonicamente l’ex Benevento e Taranto, Sossio Aruta, per avere una sua opinione riguardo alla stagione giallorossa e alla sfida di sabato dello Iacovone.
Aruta, attaccante da quasi 400 gol in carriera classe 1970, ha collezionato 90 presenze condite da 46 gol con la maglia rossoblù tra il 1993 e il 1996 in Serie D e in Serie C. I tre anni con il Delfino gli sono valsi la prima chiamata da parte dell’allora Sporting Benevento in C2, nella stagione ’96-97, con cui fa registrare 31 gettoni e trova la porta in 10 occasioni. L’anno seguente si guadagna il trasferimento in Serie B, con il Pescara, ma neanche dodici mesi dopo torna nuovamente in C1. Il Re Leone vive in giallorosso anche le annate 2000-01 e 2001-02, interrotte da un prestito alla Puteolana, completando la sua carriera sannita con altre 39 presenze e 14 reti. Oggi Aruta, a 54 anni da compiere tra meno di un mese, ha appeso gli scarpini al chiodo non riuscendo a coronare il suo sogno di giocare in Serie A allena l’Academy della Juve Stabia.
Salve Sossio, partiamo dall’attualità: che cosa ci dobbiamo aspettare sabato pomeriggio allo Iacovone tra Taranto e Benevento? “Sono due grandi società, con un passato alle spalle. In questo momento il Taranto è in grossissime difficoltà: dopo l’anno scorso in cui ha raggiunto i play-off quest’anno è partito male. Il Benevento sta cercando di tornare nel calcio che conta, dove è stato fino a qualche anno fa. Il Benevento è una squadra costruita per vincere ma, anche se il Taranto viaggia nelle zone basse della classifica, sarà una partita difficilissima: conosco l’ambiente, conosco i tifosi e so che i giocatori daranno l’anima in campo. Non c’è un pronostico sicuro al 100%, anzi: tante volte in partite del genere escono risultati imprevedibili. Sulla carta il Benevento è superiore, ma nella mia carriera ho visto tante carte fare una brutta fine: direi X2“.
Tre anni in rossoblù e altrettanti in giallorosso: che cosa ti hanno lasciato queste due piazze? “Taranto e Benevento, insieme ad altre squadre come Savoia, Pescara e Ascoli, su tutte rappresentano il mio lancio nel calcio che conta. A Taranto ho fatto benissimo, ho vinto un campionato, il titolo di capocannoniere e lo Scudetto dilettanti. Da lì sono arrivato al Benevento, ho fatto un’annata straordinaria e l’anno dopo sono stato acquistato dal Pescara in Serie B. Ho lasciato il cuore in entrambe le città, i tifosi mi adorano perché sono stato un bomber e li ho fatti segnare. A Benevento purtroppo abbiamo perso la finalissima contro la Turris ad Avellino: è stato un dispiacere non regalare questa gioia ai tifosi, è stato uno dei miei più grandi rimpianti non riuscire a regalare questa gioia immensa alla città di Benevento. In quegli anni ho sempre sudato la maglia, ho dato tutto me stesso e sono contento ancora oggi di essere uno degli idoli in queste due piazze“.
C’è un aneddoto in merito alla tua esperienza nel Sannio? “Mi sono sentito uno Stregone, sono successe tantissime cose che ricordo con piacere. Un aneddoto molto bello è stato di aver sostituito un attaccante che era l’idolo dei tifosi, che era andato al Catanzaro, e ho avuto la bravura di farlo dimenticare nonostante la strada fosse in salita. Nella semifinale play-off giocammo proprio contro il Catanzaro e andammo in finale proprio grazie a un mio gol. Un altro aneddoto riguarda i pon pon giallorossi cuciti ai calzettoni da mia madre, erano gelosamente custoditi dal mitico magazziniere Gaetano che ora non c’è più. Stiamo parlando di quasi trent’anni fa, all’epoca mi davano del matto perché facevo queste cose strane alla Balotelli: ho sempre pensato che la gente mi dovesse valutare per quello che davo e che facevo in campo, il mio estro e la mia vita privata non doveva interessare nessuno. E’ stata una stranezza che difficilmente si vede nei campi di calcio, ma l’ho fatto anche per scaramanzia: la prima volta che li indossai feci doppietta, quindi non li ho più tolti“.
Nel 2018, alla prima stagione del Benevento in Serie A, hai fatto un appello a Vigorito per giocare in Serie A. Il Presidente disse che il regolamento non lo permetteva: che cosa accadde? “Ho avuto la sfortuna, quando militavo nel Benevento, di non avere il Presidente Vigorito. Ho avuto Spatola e prima Cotroneo, il mitico. Loro mi avrebbero detto di sì, per questo dico sfortuna. E’ verissimo che il regolamento non lo permetteva, ma io mi ero presentato per una cosa extra. Si doveva chiedere semplicemente alla Lega, lo aveva fatto anche Gene Gnocchi con il Parma. Mi è stato detto di no perché è sembrato che io stessi gufando la retrocessione del Benevento. Io lo avevo chiesto a giochi fatti, in caso di salvezza raggiunta o di retrocessione sancita, per avverare un sogno che avevo da bambino. Lui non ci ha voluto neanche provare, bastava semplicemente chiederlo alla Lega. Il Benevento retrocesse 5-6 partite prima della fine del campionato, se mi avesse fatto debuttare un minuto non saprei che cosa gli avrei tolto. Non è andato oltre la non-conoscenza, avrebbe potuto comunque raccontare questa storia e prendersi una lode per aver fatto un gesto bello. Allora potevo essere io e oggi poteva essere chiunque, per coronare un sogno in una città in cui avevo lasciato un segno: sarebbe stata una bella storia per il calcio. Ci rimasi molto male…“.
Quest’anno il Presidente Vigorito ha dato vita al “giovane progetto”, con molti ragazzi impegnati in prima squadra: quanto è importante oggi dare spazio e fiducia ai giovani? “Puntare sui giovani è fondamentale oggi come oggi, in Italia stiamo perdendo colpi e i risultati si vedono con la Nazionale. Non ci sono più talenti né scoperte, diamo più importanza a far venire in Italia giocatori scarsi e stranieri. Dare valore ai giovani è importante, abbiamo bisogno di nuovo di trovare talenti soprattutto nel reparto offensivo. Attenzione però: molte società non fanno giocare i giovani per lanciare un progetto, ma solo perché facendo giocare i giovani hai dei bonus da parte della Lega. Non è il caso del Benevento, ovviamente, ma alcune società lo fanno solo a scopo di lucro senza preoccuparsi di far crescere questi giovani“.
Ha calcato per tanti anni i campi di Serie C: quali sono le difficoltà di queste campionato? “Ho giocato in C per anni, il raggruppamento meridionale è sempre stato difficilissimo. Ci sono tante squadre e società blasonate, in città importanti, che hanno allestito e allestiscono squadre per vincere. Catania, Avellino, Casertana, Foggia: tutte grandi piazze che hanno fatto la Serie A e la Serie B ma che ora fanno fatica a emergere e che si fanno la guerra ogni anno perché nessuno viene promosso. Ogni partita è una guerra, in più aggiungi il fatto che si tratta di piazze calde ed esasperate… Ci sono società di Serie A che fanno pochi spettatori, mentre altre che in B o in C faticano ma riempirebbero sempre gli stadi in massima serie. C’è tutto un discorso a livello societario, non è che comprando giocatori forti si vince automaticamente“.
Vorresti mandare un messaggio ai tifosi del Benevento? “Resteranno sempre nel mio cuore, ho vissuto ricordi indelebili che porterò nell’aldilà. Sono stati gli anni più belli della mia carriera calcistica, dentro e fuori dal campo: è stato tutto bellissimo. Spero un domani di tornare allo stadio a vedere la partita, come ho fatto in passato: ora manco da tanto tempo. A Benevento ho fatto la presentazione del mio libro, sono stato anche con il Signor Mastella. Mi ero proposto come allenatore, quando il mio carissimo amico Puleo era Direttore Sportivo: la risposta è stata un due di picche“.
Rivedremo Sossio Aruta nel calcio che conta? “Fino a due anni fa giocavo ancora in prima categoria, al Qualiano, arrivando a 382 gol in carriera. L’anno scorso ho allenato i ragazzi dell’FC Taranto, ho vinto il campionato. Poi ho allenato l’FC Napoli Nord Femminile, con cui abbiamo vinto un campionato, oggi invece alleno a Cercola con l’Academy Juve Stabia. Ho il patentino UEFA B da quasi vent’anni, posso allenare fino alla Serie D ma per andare avanti ci vogliono tanti santi in paradiso. Un domani mi piacerebbe avere la possibilità di allenare una squadra vera, per mettere a servizio di tutti la mia esperienza e quello che tanti allenatori bravissimi che ho avuto mi hanno dato“.