L’incomprensione della politica e del suo primato, Canu (PD): “Siamo disabituati al suo significato e alla sua funzione”

L’incomprensione della politica e del suo primato, Canu (PD): “Siamo disabituati al suo significato e alla sua funzione”

Politica

Riceviamo e pubblichiamo la Nota stampa di Pio Canu, Vice Segretario provinciale di PD Sannio.

«Se i cittadini insieme ai magistrati pensano che il primato della politica sia un problema, significa una sola cosa: ci siamo totalmente disabituati al significato stesso della Politica, alla sua funzione ed alla sua stessa esistenza.Dalla tangentopoli dipietrana ad oggi, ci siamo completamente assuefatti all’idea malsana della Politica. L’intera classe politica, nell’immaginario collettivo è ormai una pletora di mangiapane a tradimento senza arte ne parte. Utilizziamo nel linguaggio di tutti i giorni la parola “politico” per denigrare e disprezzare una persona. Dai del “politico” ad una persona per dirgli che non mantiene la parola, che è un buffone o nei casi più diffusi per descrivere una persona nulla facente. Insomma l’idea che questo Paese ha della politica è forse il primo problema della democrazia. La rivolta popolare contro la riforma della giustizia sulla separazione delle carriere è la dimostrazione di quanto scritto sopra.

La sacrosanta rivendicazione della politica nel suo esercizio della potestà legislativa stabilita dalla Costituzione non è stata percepita come un atto di rafforzamento della democrazia e dello spirito liberale che dovrebbe animare qualsiasi comunità ma bensì come una minaccia alla democrazia, al sistema giudiziario e di non poco conto, come un vero attacco al potere dell’intero arco giustizialista. Il garantismo nel nostro Paese, nonostante sia un concetto fondamentale della nostra Costituzione, resta ai più una parola senza alcun significato e valore. Siamo diventati così profondamente giustizialisti che quando in Parlamento bisognava votare per l’istituzione della giornata per le vittime degli errori giudiziari, il M5Stelle ha votato contro ed il PD insieme ad AVS si sono astenuti. La giornata doveva avere come data il 17 giugno, giorno dell’arresto di Enzo Tortora. Una data simbolica per tutte le vittime degli errori giudiziari. Fra i dem solo tre voci in dissenso: Madia, Sensi e Quartapelle. Perché fatichiamo a vedere queste vittime al pari delle altre vittime? Cosa ha di diverso una vittima della mala giustizia da una vittima del malaffare? Chi decide lo status di vittima? Esistono vittime di prima classe, di seconda e terza, come nel Titanic di De Gregori? Cosa ci fa pensare che i magistrati uccisi dalla criminalità siano vittime ben più altolocate delle persone uccise dalla malagiustizia o viceversa? Una vittima è e resta una vittima e nessuno di noi può dare giudizi su chi è più martire di chi.

Tortora come Falcone sono state vittime di una società malata, vittime di un sistema malato e perverso. Una persona innocente che va in galera è una persona che nel giro di pochi secondi perde tutto della propria vita. Perde la famiglia, la reputazione, il lavoro, la libertà e la stessa voglia di vivere. Viene sottoposta alla gogna pubblica con il marchio indelebile dell’infamia, con il continuo sospetto che in fondo l’innocenza non è vera. Nel momento in cui viene dimostrata la sua innocenza, questa è ormai qualcosa di inutile. Il danno è stato fatto e nessuno paga per l’errore. Vite distrutte da un semplice errore giudiziario. Vite che nella maggioranza dei casi non esistono più. Vite come quella del Colonnello della Guardia di Finanza Fabio Mendella, vittima di un errore giudiziario e dichiarato innocente dopo un calvario durato nove anni. Nove anni di inferno. Sbattuto in carcere, sospeso dal servizio per l’intera durata del processo con il 30% dello stipendio. Una vita distrutta per poi scoprire che non vi era alcuno scoop ma solo accuse infondate ed una assoluzione “per non aver commesso il fatto”.

Massacrato sul piano mediatico, nell’immagine e nella sua vocazione di servitore dello Stato, rinunciò alla prescrizione per veder riconosciuta la sua innocenza. Nove anni di attesa per quella sentenza dei giudici d’appello di Napoli che gli ha reso giustizia. Una vittima come tante altre che grazie alla nostra sete di giustizialismo restano vittime invisibili, di cui è meglio non parlare ne ricordare. Vittime due volte. La separazione delle carriere così come l’istituzione di una giornata delle vittime degli errori giudiziari urge a questo Paese per evitare di dimenticare definitivamente il significato di giustizia, il senso di democrazia e il principio costituzionale del garantismo che ha mosso i padri della Costituzione che sono stati i primi a provare l’ingiusta carcerazione. Padri come Sandro Pertini, i fratelli Rosselli e tanti altri. La battaglia dei garantisti non è una battaglia di destra  ma una storica battaglia di sinistra per una società giusta e civile. La battaglia contro il giustizialismo è una battaglia di civiltà che riguarda però tutti noi. Una battaglia buona è sempre buona a prescindere da chi la sostiene. Serve buon senso ed una buona dose di cultura della democrazia per comprenderla. Non esistono vittime di serie A e serie B ma solo vittime a cui va garantita giustizia e memoria. Se non è compito della Politica indirizzare la società verso l’orizzonte democratico e liberale di chi deve essere? Non dobbiamo avere paura se la politica rivendica il proprio primato ma solo felici poiché è dal primato della politica che nasce la consapevolezza di essere una vera comunità democratica».