
FOTO E VIDEO – Sigfrido Ranucci all’UniFortunato: la verità che fa paura e ‘La Scelta’ di raccontarla
EventiAmpia partecipazione all’incontro con il conduttore di Report, che ha presentato il suo ultimo libro La Scelta e riflettuto sui pericoli sempre più concreti per la libertà di stampa.
Pomeriggio di grande coinvolgimento all’Università Giustino Fortunato di Benevento, dove ieri il giornalista e conduttore televisivo Sigfrido Ranucci, volto noto del programma firmato Rai3, Report, ha presentato il suo ultimo libro La Scelta (Bompiani). L’evento, introdotto da Gabriele Corona – fondatore e presidente del movimento “Altra Benevento è possibile” – ha attirato una platea numerosa ed estremamente composita, dimostrando quanto il giornalismo d’inchiesta sia ancora capace di generare dibattito e partecipazione.
Accolto con calore dal pubblico, Ranucci ha iniziato la giornata incontrando i lettori per il firmacopie. A seguire, ha tenuto un intervento denso di contenuti, in cui ha intrecciato ricordi personali, testimonianze di vita professionale e riflessioni civili, dando voce a un mestiere sempre più complesso, esposto e – spesso – pericoloso.
Le querele bavaglio e l’assedio alla stampa
Uno dei temi centrali affrontati durante l’incontro è stato quello delle querele temerarie, le cosiddette SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation) ovvero quelle azioni legali che vengono utilizzate per cercare di intimidire o far tacere i giornalisti impegnati in inchieste scomode.
“In Italia abbiamo il record mondiale di politici che denunciano giornalisti”, ha spiegato Ranucci. “Secondo l’ultimo rapporto ufficiale di Ossigeno per l’Informazione, sono 516 i giornalisti minacciati nel nostro Paese. Di questi, 270 sono sotto tutela e 22 vivono sotto scorta. Noi di Report deteniamo il record storico mondiale.”
Parole gravi, pronunciate con l’ironia di chi è abituato a convivere con la pressione, ma anche con la consapevolezza di una situazione che non può più essere considerata normale. Una condizione – ha sottolineato – che riguarda non solo l’Italia ma l’intero continente europeo.
Ranucci ha infatti ricordato i casi, ancora irrisolti, di cinque giornalisti uccisi negli ultimi anni in Europa mentre indagavano su rapporti tra criminalità organizzata e politica. Delitti che scuotono l’idea stessa di un’Europa garante dei diritti e delle libertà civili.
A ciò si sommano, secondo il giornalista, proposte legislative restrittive come quella che vorrebbe impedire la pubblicazione dei nomi degli indagati prima del rinvio a giudizio. Una misura che – ha affermato con sarcasmo – “potrebbe tranquillamente chiamarsi ‘legge Maria Teresa’, in onore di mia madre, che mi raccomandava sempre: ‘Stasera, quando vai i onda, non fare nomi, altrimenti ti denunciano’”.
Un racconto personale tra dolore e determinazione
Nel racconto di Ranucci, emerge una dimensione profondamente personale che attraversa tutta la sua carriera. Il giornalista non ha mai nascosto il peso umano delle minacce ricevute, delle pressioni che ha dovuto sopportare e dei momenti di crisi che lo hanno segnato. Il periodo più buio della sua carriera, infatti, è coinciso con l’accusa infondata di aver manipolato dossier per danneggiare esponenti politici, un’accusa che, sebbene poi smentita, lo portò a un punto di disperazione tale da spingerlo a pensare al suicidio. Un’esperienza che ha messo a dura prova la sua resistenza, ma che, allo stesso tempo, ha rafforzato la sua determinazione.
Ma al centro di questa tempesta c’è sempre stata una figura fondamentale: quella del padre, il suo faro, la sua “stella polare“. Ranucci ricorda con grande emozione come il padre sapesse già che sarebbe diventato il conduttore di Report, ma non ha mai avuto la possibilità di vedere quella che sarebbe diventata la sua nuova vita: “Non ha mai potuto vedere una puntata insieme a me: è morto prima.”
In questo percorso segnato da sfide personali e professionali, il conduttore ha voluto mettere in risalto l’aspetto umano che permea il mestiere giornalistico. La vita sotto scorta e le difficoltà quotidiane legate alla sicurezza gli hanno sottratto non solo la libertà di movimento, ma anche la possibilità di confrontarsi direttamente con il pubblico, di coglierne le emozioni più autentiche, gli sguardi e le reazioni in tempo reale. Per lui, il giornalismo non è solo informazione, ma un vero e proprio dialogo, un contatto sincero con chi lo segue. Nonostante le barriere che la sua condizione impone,Ranucci confessa di non lasciarsi sfuggire nessuna occasione che gli consenta di ristabilire quel legame umano che per lui rappresenta il cuore pulsante della sua professione, il valore più autentico del suo mestiere. Un rapporto che, purtroppo, le circostanze – le difficoltà imposte dalla vita sotto scorta – gli impediscono spesso di vivere appieno, ma che continua a cercare con determinazione ogni volta che ne ha la possibilità.
La Scelta: un libro che è anche un manifesto
La Scelta è più di un semplice libro autobiografico. È un manifesto civile, un viaggio tra inchieste, rischi, coscienza professionale e desiderio di non voltarsi dall’altra parte. È la testimonianza di chi ha deciso di restare scomodo, anche quando tutto spingerebbe a rinunciare, come ha dichiarato ai nostri microfoni.
L’incontro si è chiuso con un lungo applauso e un secondo momento di firmacopie, dopo che nella prima parte dell’evento i volumi erano andati esauriti. Un segnale chiaro: il bisogno di verità è vivo, così come l’attenzione verso chi sceglie di raccontare ciò che molti vorrebbero restasse nascosto.







