Le “pietre di inciampo” e la memoria di un tempo che non si può abbandonare all’oblio
AttualitàCulturaDall'ItaliaGunter Demnig è stato l’artista che ha dato vita alle “pietre di inciampo” nel 1947 per ricordare le vittime del nazismo e del fascismo in Europa. La prima pietra di inciampo (“Stolperstei” in tedesco) fu posta in Germania a Colonia nel 1992 per ricordare la deportazione dei rom e dei sinti della stessa città per mano dei nazisti.
Quando una donna del luogo disse all’artista, meravigliata, che in quel luogo non avevano mai abitato rom e sinti, strano per una persona che era vissuta lì durante il periodo nazista, Demnig si rese conto che molti non conoscevano la storia di chi gli abitava vicino, o forse non voleva ricordare e per questo decise che fosse necessario collocare altre pietre di inciampo in Europa per impedire l’oblio, il negazionismo o l’indifferenza verso una tragedia come quella della cancellazione fisica e mentale di milioni di individui. Per questo motivo Gunter Demnig ha posato oltre 75mila pietre d’inciampo nella maggior parte dei paesi europei, più di mille delle quali si trovano in Italia.
Le pietre di inciampo sono piccole pietre di ottone, poste davanti al luogo dove vivevano le persone deportate nei campi di sterminio nazista e fascista e che recano in superficie il nome della persona deportata ed il luogo dove fu uccisa.
“Ricordare è un dovere di civiltà. Auschwitz fu una spaventosa macchina di morte”, queste le parole del Presidente Mattarella in merito alla “Giornata della memoria” che, ogni anno, si celebra il 27 Gennaio, in Italia dal 2001, giorno designato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1 novembre 2005 per ricordare l’ingresso delle truppe dell’Armata rossa nel campo di sterminio di Auschwitz, luogo dove esse scoprirono un campo di concentramento, le atrocità là commesse e liberarono gli ultimi prigionieri superstiti.
E’ necessario ricordare che in quei luoghi di morte, atrocità e umiliazione fisica e spirituale furono cancellate 15 milioni di persone di cui circa sei milioni di ebrei.
Perché dobbiamo ricordare? Non sarebbe meglio dimenticare a andare avanti? Il problema è che senza memoria di ciò che siamo stati, senza radici da cui assorbire le nostre certezze saremmo foglie nel vento, un unico, lungo e tragico attimo senza prospettive e futuro, perché senza conoscenze e certezze pregresse che ci consentano di costruire il domani.
La memoria è dunque lo strumento grazie al quale conserviamo la consapevolezza di ciò che eravamo e la prospettiva di ciò che vogliamo essere.
Senza di essa, come ci insegna il filosofo Nietzsche, saremmo come “il gregge che pascola di fronte a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia domani, salta di qua e di là, mangia, riposa, digerisce, salta di nuovo, e così dalla mattina alla sera, giorno dopo giorno, poco legato al suo piacere e alla sua svogliatezza, cioè al paletto dell’istante, e perciò né malinconico né annoiato.”
Il problema, dice sempre Nietzsche, è che “ È doloroso per l’uomo vedere questo, perché egli si pavoneggia della sua umanità di fronte all’animale e, nonostante ciò, osserva con invidia la sua felicità, perché questo solo egli desidera: vivere come l’animale né annoiato né soggetto al dolore……” .
Poiché però noi non siamo come l’uomo nietzschiano che invidia il gregge né annoiato, né malinconico e siamo abituati invece a sognare, a progettare e amare il mondo che ci circonda, abbiamo bisogno di ricordare, perché solo così facendo possiamo evitare di sbagliare ancora e imparare a fare meglio, tutto per riuscire ad affrontare situazioni di vita presente e futura.
“Ricordare è una espressione di umanità, ricordare è segno di civiltà, ricordare è condizione per un futuro migliore di pace e di fraternità, ricordare è anche stare attenti perché queste cose possono succedere un’altra volta, incominciando dalle proposte ideologiche che vogliono salvare un popolo e finendo a distruggere un popolo e l’umanità. State attenti a come è incominciata questa strada di morte, di sterminio, di brutalità”, queste le parole di Papa Francesco in merito al Giorno della memoria per ricordare le vittime della Shoah.
Il ricordo deve essere dunque parte di noi, la memoria delle vittime del nazismo e dello sterminio crudele e anaffettivo di milioni di nostri simili, di provvedimenti razziali e anacronistici come le leggi che lo Stato italiano varò nel 1938, l’odio programmato e implacabile verso chi di diversa religione o pensiero, l’egocentrismo feroce e miope dell’idea di una supremazia razziale e/o politica, deve necessariamente insegnarci qualcosa se vogliamo costruire un futuro migliore e, pur non illudendoci che tutto il male del passato non possa ripetersi, abbiamo il dovere di fare in modo che uomini e donne come noi che ignorano o non vogliono ricordare, facciano i conti con un passato di scelte tragiche che ci rifiutiamo di rivivere e imparino dalla storia precedente.
I sopravvissuti di quei tragici eventi sono ormai sempre meno di numero – chi parla ha avuto il privilegio di ascoltare Sami Modiano ed altri- il tempo porta via le loro persone, ma non i loro ricordi; tanti hanno avuto il coraggio di raccontare, si perché è necessario tanto coraggio a ricordare momenti strazianti e dolorosi, rivivere attimi di orrore per dare voce, non a se stessi, ma a coloro che non hanno avuto la possibilità di parlare, ai tanti che, nell’indifferenza dei loro carnefici, hanno vissuto un’esperienza estrema e sono scesi negli abissi dell’umanità.
Le pietre dell’inciampo, un inciampo emotivo e mentale, devono servire a mantenere viva la memoria delle vittime dell’ideologia nazi-fascista nei luoghi della vita quotidiana – le loro case- obbligando chi passa, a riflettere su ciò che è accaduto in quel luogo, in quella data ed a ciò che è successo a quelle persone.
Oggi, nel selciato di oltre2.000 città europee di cui molte italiane, sono state installate tante pietre dell’inciampo, sono in tutto circa 70.000 schegge di ottone e di vita che ci ricordano le speranze, i sorrisi i sogni di chi, crudelmente e assurdamente, con un numero di matricola inciso sulla pelle, non c’è più ……..per non dimenticare.