E’ morto Michail Gorbačëv “padre della perestrojka”

E’ morto Michail Gorbačëv “padre della perestrojka”

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E’ morto Michail Gorbačëv, già segretario del Pcus,primo ed unico Presidente dell’Urss, premio Nobel per la pace nel 1990 che accompagnò la distensione con l’Occidente, la fine della Guerra Fredda ed il crollo dell’Unione sovietica.

Uomo determinato, ma anche controverso, soprattutto per i compatrioti che non gli perdonarono mai la scomparsa dello Stato Sovietico.

Nato nel 1931 nella regione meridionale di Stavropol in una famiglia di contadini russo-ucraini e conobbe la carestia degli anni ’30 dovuta alle disposizioni sulla collettivizzazione forzata della terra ordinata da Stalin e la sua guerra ai kulachi – contadini benestanti, proprietari di una certa estensione di terra, che coltivavano avendo alle loro dipendenze altri contadini- .

Si laureò in giurisprudenza presso la prestigiosa Università statale di Mosca e fu proprio durante il periodo universitario che conobbe sua moglie Raìsa.

Nominato membro del potente Politburo nel 1980, si mise a capo di un movimento di rigenerazione del partito e, alla morte di Konstantin Černenko, venne eletto Segretario Generale del PCUS, era l’11 marzo 1985.

Si mostrò subito come leader estroverso, che sorrideva di gusto, cosa a cui il popolo sovietico non era abituato, ma soprattutto mostrò subito capacità umane mostrandosi estroverso e aperto al mondo.

Le sue riforme però non furono solo esterne, egli infatti lanciò la “perestrojka“, ovvero la “ricostruzione” o “ristrutturazione” del sistema politico e sociale del paese. Poco dopo egli decise di varare la “glasnost” o “trasparenza informativa, un nuovo modo di intendere la politica che diede il via a quello che fu chiamato “il comunismo dal volto umano”.

Decise poi la reintroduzione della proprietà privata, a cui si affiancava l’economia centralizzata, lo svolgimento di libere elezioni democratiche e riconobbe la libertà di espressione e di credo liberando anche moltissimi prigionieri politici.

In politica estera si mosse per migliorare le relazioni con l’Occidente, ridusse le spese per la difesa e, soprattutto, aprì importanti negoziati per la riduzione delle armi nucleari con gli Stati Uniti; infine ordinò il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan.

Sempre Gorbačëv , fu artefice della rinuncia alla dottrina della sovranità limitata dei membri del Patto di Varsavia, cosa che alimentò il processo rivoluzionario che porterà poi alla caduta del muro di Berlino, la fine di molti regimi comunisti nell’Europa orientale ed infine la successiva riunificazione della Germania.

Fu proprio l’attuazione della politica del disgelo che valsero allo statista russo l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace nel 1990, nonostante egli avesse ordinato l’invio di truppe in Lettonia e Lituania per mettere fine ai movimenti di secessione. 

Molto amato in Occidente per la sua apertura politica in un paese tradizionalmente chiuso ad innovazioni e riconoscimenti di diritti civili, egli fu poco amato in patria, visto come un traditore dei valori sovietici e del sistema politico che fino ad allora era stato modello di vita in patria.

Ieri, 30 agosto, dopo lunga malattia, a 91 anni, si è spento l’uomo che voleva cambiare l’Urss ed ha invece cambiato il mondo.  L’Occidente in particolare lo ricorda come l’uomo che con la sua politica della “glasnost” e la volontà di frenare la corsa alle armi nucleari, ha fatto di lui uno degli uomini più importanti del XX secolo, in patria invece non lo amano e gli attribuiscono la responsabilità di aver fatto precipitare l’economia russa e di aver dato la stura per la dissoluzione dell’Urss.

Il 25 dicembre 1991 Gorbačëv  si dimise da Presidente dell’Unione Sovietica e il 26 dicembre dello stesso anno il suo successore Boris Eltsin, dichiarò dissolta la vecchia Urss. Nell’agosto dello stesso anno i comunisti conservatori tentarono un colpo di stato e, nonostante Gorbačëv ne sia stata la prima vittima – rimase per tre giorni recluso nella villa presidenziale in Crimea – Eltsin lo accusò di aver favorito, con la sua politica, l’arrivo al potere non di personaggi della perestroika, ma di pericolosi avventurieri. 

Gorbačëv  sognava un socialismo dal volto umano, l’apertura alle libertà civili, di parola e religiose. Alla morte della giornalista Anna Politkovskaya disse : “E’ un crimine grave contro il Paese, un crimine contro tutti noi. La sua morte è un colpo all’intera stampa democratica e indipendente”.

La Russia non vuole riconoscergli i funerali di Stato; il nostro Presidente Mattarella ha invece ricordato come “verso di lui ci sia un grande debito, soprattutto da parte degli europei”. Joe Biden ha parlato di “un leader raro, capace di vedere che un altro futuro era possibile e di rischiare lʼintera carriera per raggiungerlo. Il risultato è stato un mondo più sicuro e più libertà per milioni di persone”. Se la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen haripreso le parole di Biden per riconoscere il valore storico del defunto Presidente russo, Putin si è limitato a dare omaggio al suo predecessore.

Se la morte è la fine della vita , ma anche della morte stessa, dice il pensiero filosofico, la scomparsa di Gorbačëv  è invece per noi tutti un modo per esaltare, nel suo ricordo,  il coraggio politico e sociale di un uomo che ha  messo in gioco se stesso per le proprie idee.