Yuriy Kerpatenko, direttore della Filarmonica di Kherson, ucciso per essersi rifiutato di suonare per gli occupanti russi
AttualitàPoliticaYuriy Kerpatenko, direttore d’orchestra principale del Mykola Kulish Kherson Music and Drama Theater di Kherson, una città dell’Ucraina meridionale, capoluogo dell’omonima oblast’, è stato assassinato nella sua casa per essersi rifiutato di collaborare con gli occupanti russi che avrebbero voluto che lui dirigesse, per il 1 Ottobre, durante il “Concerto della Festa”, pensato per celebrare “il ritorno della vita tranquilla a Kherson”.
Il musicista non aveva mai accettato l’occupazione russa del suo paese, ma non aveva mai voluto lasciare Kherson occupata, quasi a testimoniare la ferma volontà del suo popolo a non accettare l’invasione ingiustificata da parte di una nazione con la quale ci sono sempre stati antichi legami culturali e personali, ma che comunque non aveva il diritto di conquistare un paese libero e democratico suo vicino.
Egli aveva sempre mostrato apertamente la sua posizione politica e civica e aveva sempre rifiutato di collaborare con gli occupanti, per questo motivo era già stato minacciato dalle autorità russe che gli avevano promesso: “Torneremo”.
Yuriy Kerpatenko lavorava alla Filarmonica regionale di Kherson dal 2000. Nel 2004 divenne il direttore principale del Kherson Music and Drama Theatre intitolato a Mykola Kulish e dirigeva inoltre l’orchestra da camera di Gilea.
La notizia della sua uccisione è stata diffusa su Facebook dal Minstero della Cultura ucraino, una morte decisa per punire il rifiuto dell’invasione e degli invasori da parte di un cittadino ucraino che ha avuto la sola colpa di amare la sua patria e di non poter accettare di divenire suddito obbligato di un paese straniero, non per sua scelta, ma a seguito di un atto incomprensibile di occupazione militare.
Una posizione la sua che gli è costata la vita, ma che ha rappresentato la volontà di un popolo a rivendicare la propria libertà a qualunque costo, una valutazione che, pur non essendo quella della lotta armata scelta da tanti suoi compatrioti, ha assunto un significato particolare perché fatta da un uomo di cultura, da una persona libera nel pensiero e incapace di subire un’immotivata e assurda invasione che tende a “uccidere” la storia e le scelte sociali e politiche di un popolo libero.
La storia di quest’uomo non può non richiamare alla nostra memoria quella di tanti che, nel nostro paese, hanno rifiutato l’ingiustizia e sono morti, sapendo di morire, per perseguire i principi di libertà e giustizia, personaggi come Falcone e Borsellino o i tanti partigiani morti per il rifiuto di dittature crudeli e assurde.
“E’ dolce e bello morire per la patria” scriveva Orazio nelle sue Odi, un verso spesso citato per risvegliare l’amor di patria o per esaltare il sacrificio di tanti che hanno dato la vita per la propria terra.
Non sappiamo se Yuriy Kerpatenko avesse mai letto Orazio e le sue parole, ma certamente sapeva di rischiare la vita opponendosi agli invasori russi, tuttavia non si è tirato indietro e, se pure con una semplice scelta di non suonare per loro, ha deciso di morire per la sua patria per rimanere fedele a se stesso e alle idee di giustizia e libertà che lo avevano da sempre guidato.
Ricorderemo quest’uomo come martire di un popolo sfortunato a cui siamo vicini.