FOTO E VIDEO – Invisibilia, combattere la violenza sulle donne con cultura e istruzione: al Tribunale la mostra “Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta”
AttualitàBenevento CittàSi è conclusa ieri la serie di eventi targata “Invisibilia”, il progetto promosso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Benevento con il Comitato Pari Opportunità, che si propone di illuminare zone d’ombra della violenza di genere e si è articolato in una serie di iniziative svolte a ridosso del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Grande la partecipazione e tanti gli spunti di riflessione emersi nel corso degli incontri, che hanno confermato quanto sia fondamentale lavorare e adoperarsi per un cambiamento prima di tutto culturale, per il quale il Tribunale, insieme ai mass media, sono profondamente coinvolti.
Così come evidenziato anche delle condanne all’Italia della Corte di Giustizia Europea per ritardo nella protezione, linguaggio delle sentenze, che espongono le donne alla cosiddetta vittimizzazione secondaria o per la mancata lettura della violenza intrafamiliare nei Tribunali civili e minorile.
Proprio per stimolare una presa di coscienza, il Palazzo di Giustizia è il luogo dove è stata allestita la mostra “Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta”, un lavoro unico nel suo genere, frutto dell’inchiesta condotta dalla giornalista e fotoreporter Stefania Prandi.
Nella seconda giornata, l’autrice ha tenuto anche una preziosa formazione agli operatori di legge, incentrata sulla narrazione della violenza sulle donne e sul modo più corretto di riportare storie così delicate, come quelle dei genitori o dei figli delle donne vittime di femminicidio.
E’ stata la la dott.ssa Lella Palladino a fare il punto sul contrasto della violenza sulle donne e a ripercorrere il lavoro della compianta Prof.ssa Anna Costanza Baldry, a cui si deve l’approvazione della prima legge in Europa di protezione degli orfani speciali, nonché dei protocolli operativi oggi prezioso strumento per molti operatori della legge e dei Centri antiviolenza.
Nella giornata conclusiva di ieri, al centro del dibattito c’è stata la rivoluzione che da circa 10 anni sta minando le basi dell’organizzazione criminale più potente d’Italia, grazie alle donne di ‘Ndrangheta, le quali trovano il coraggio di ribellarsi ad una condizione di oppressione, violenze e costrizioni davvero disumane, che spesso trovano la morte in nome del codice d’onore, un rito feroce messo in atto proprio dai familiari. Per la legge italiana non hanno diritto ad alcuna protezione, anche se hanno fatto la scelta più dirompente: ribellarsi e fuggire dalla ‘ndrangheta. Da qualche anno però esiste “Liberi di scegliere”, un protocollo di intesa che si propone di aiutare e accogliere donne e minori che vogliono uscire dal circuito mafioso, promuovendo una rete di protezione e di sostegno per tutelare e assicurare una concreta alternativa di vita.
L’argomento è stato affidato all’avv. Mariarita Stilo del foro di Reggio Calabria, da cui è partito proprio il progetto Liberi di scegliere, grazie anche alla preziosa azione di Libera. Ad entrare nel dettaglio di questo fondamentale strumento di protezione, Sara Scuderi, che ha riportato anche l’impegno del Giudice Di Bella e di Don Luigi Ciotti. A chiudere gli incontri, il commovente reportage della giornalista di guerra Barbara Schiavulli, direttrice di Radio Bullets, che da oltre venti anni segue i più caldi fronti di guerra, profonda conoscitrice dell’Afghanistan e della condizione femminile.
Lo sguardo di Barbara Schiavulli è uno sguardo “altro” su ciò che delle guerre non viene raccontato, ed è la condizione quotidiana, anche più intima e domestica, che vive la popolazione, soprattutto femminile. Un excursus ampio di taglio politico ed economico che non ha risparmiato critiche al mondo occidentale per quanto avvenuto in Afghanistan, sottolineando anche il silenzio della politica e delle istituzioni. Interessante anche il confronto tra le proteste silenziose e quelle invece di piazza in Iran, dove anche gli uomini sono scesi al fiano delle donne. Ciò che è apparso evidente è che la cultura e l’istruzione sono le prime ad essere vietate e sacrificate, segno che da lì si deve partire per cambiare le cose.