Ponte| Cantina ‘Sciore’, due generazioni in campo per la valorizzazione del territorio
AttualitàDalla Provincia“Tramandare una tradizione familiare significa creare un legame con il passato costruendo un ponte per il futuro”.
Tre gli eventi in programma nelle prossime settimane che vedranno protagonista la Cantina ‘Sciore’ di Ponte: la XI edizione del salone del vino “Paestum Wine Fest” dal 25 al 27 marzo; ‘Beviamoci Sud’, il festival dei grandi vini del Sud Italia il 6-7-8 maggio prossimi e poi ‘Vitigno Italia’, a Napoli il 14 e 15 maggio.
Tre grandi appuntamenti per la Cantina ‘Sciore’ nata nel 2000 come azienda agricola ‘Fratelli Corbo’ Angelo e Antonio con la commercializzazione di vini sfusi ma che poi negli anni, con l’ingresso anche di Nicola Corbo, figlio di Angelo, la cantina si è trasformata radicalmente anche con la nascita della prima bottiglia. Nicola, giovane agrotecnico, grazie alla sua grande passione per la terra e grazie alle sue conoscenze agrotecniche acquisite nel corso dei suoi studi ha fatto sì che giorno dopo giorno dai vigneti nascesse un’uva di grande qualità fino ad un vino eccellente. Nicola è stato quell’acino di uva sulla torta della cantina ‘Sciore’ che ha ‘rivoluzionato’ in positivo l’intera azienda.
Due generazioni che hanno trasformato il duro lavoro nei campi in una passione vincente. 23 anni dove i fratelli Angelo e Antonio hanno investito ed investono nell’identità dei loro prodotti, spinti fortemente dal giovane e brillante Nicola insieme alla mamma Ada ma con lo sguardo sempre ‘attento’ della figlia Rosa.
Circa quaranta ettari di vigneti dislocati tra Ponte e Casalduni, coltivati sia a spalliera sia a tendone. Vigneti nei quali si può trovare una base ampelografica notevolmente ampia: l’Aglianico e la Falanghina come varietà maggiormente diffuse, ma poi Barbera, San Giovese, Merlot, Coda di Volpe, Fiano, Greco, Montepulciano e Lambrusco. Ma il cavallo di battaglia dei ‘Sciore’ è “8Puntozero”, il vino bianco frizzante ottenuto da uve Falanghina raccolte a settembre con leggero anticipo di maturazione. E la curiosità di questa cantina è che il nome dato ad ogni tipologia di vino corrisponde alla data di nascita di ogni componente della famiglia.
Ed ecco che c’è la falanghina Beneventana ‘Punto98’, il Greco ‘Punto63’, la Coda di Volpe ‘Punto42’, il Fiano ‘Punto68’, il rosso frizzante ‘9punto4’, il frizzante di uve Aglianico ‘9Punto5’, il Rosato ‘Punto73’, l’Aglianico beneventano ‘Punto65’ ed il barbera ‘Punto28’.
“Siamo in campo con ben due generazioni – ci dicono ‘I Sciore’ – da 23 anni coltiviamo uva con passione, tradizione e innovazione. Passione perché è con passione che tutti i giorni ci impegniamo per soddisfare i nostri clienti, tradizione perché diamo uno sguardo al passato e alle nostre radici, e infine innovazione perché per rimanere al passo con il mondo bisogna sempre innovarsi, pensare e creare. In ogni nostra bottiglia c’è un vino strettamente legato al lavoro, alla vita delle persone che lo producono, alla nostra storia e al territorio che ha delle potenzialità nel produrre uve di qualità. Tramandare poi una tradizione familiare – raccontano – significa anche creare un legame col passato e costruire un ponte per il futuro.
E la consapevolezza di far parte di un progetto familiare, destinato a sopravvivere nel tempo, ci dà la forza di superare ogni ostacolo, (ne troviamo tanti lungo questo percorso) e di vivere ogni giornata col sorriso. E poi l’aspetto più bello di lavorare in famiglia è la sicurezza del sentimento che sta dietro ad ogni cosa ed il rispetto reciproco. Ma questi grandi risultati li stiamo ottenendo anche e soprattutto grazie al lavoro di tante altre persone che, pur non facendo parte della nostra famiglia, fanno parte però della famiglia vitivinicola ‘Sciore’ che quotidianamente si impegnano per potenziare la particolarità dei nostri vini”.
Concludono i ‘Sciore’: “Per noi il vino è una risorsa essenziale anche e soprattutto per la valorizzare del territorio… è un brand territoriale unico. E il nostro lavoro è stato e sarà sempre quello di portare in alto le nostre terre non come ‘cosa personale’ ma come patrimonio da condividere e divulgare”.