La lunga notte del ’43: convegno Anpi con lezione di Costituzione, storia e memoria

La lunga notte del ’43: convegno Anpi con lezione di Costituzione, storia e memoria

Cultura

Nella mattinata di venerdì 29 settembre, negli spazi dell’Aula Magna del Dipartimento di Diritto Economia Management e Metodi Quantitativi (DEMM) dell’Università degli Studi del Sannio, l’Anpi di Benevento ha presentato “ Antifascisti adesso….perchè non è ancora finita”, l’ultimo lavoro  di Gianfranco Pagliarulo, Presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Hanno arricchito l’incontro, oltre il già citato autore, Giovanni Cerchia, docente Università del Molise, Antonella Tartaglia Polcini, docente Ordinaria di Diritto Università del Sannio e assessora alla Cultura del comune di Benevento, Gerardo Canfora, rettore magnifico Unisannio, Amerigo Ciervo, presidente Comitato provinciale Anpi nonché coordinatore dell’evento.

Affollata l’aula di studenti e docenti di numerose scuole superiori cittadine oltre che di un pubblico attento e partecipativo.

Ciervo ha aperto i lavori rivolgendo i saluti di rito agli ospiti, al coordinatore regionale Ciro Raia, presente nell’aula, ed a tutti i presenti e ricordando, nella sua prefazione, che il titolo del convegno è stato tratto dal film “La lunga notte del ‘43”, film del 1960 diretto da Florestano Vancini e liberamente tratto dal racconto “Una notte del ‘43” della raccolta “Cinque storie ferraresi”, libro con il quale Giorgio Bassani vinse il Premio Strega nel 1956.

Egli ricorda poi che ricorre, quest’anno, l’ottantesimo anniversario di diversi eventi, come le 4 giornate di Napoli e la settantacinquesima commemorazione della nostra Costituzione, ottenuta grazie a chi ha combattuto perché si arrivasse ad essa, come fece la città di Napoli, capitale dell’antifascismo.  

Cita infine le parole di Eschilo in merito ai Persiani dei quali diceva: “si vantano di non essere schiavi di nessun uomo, sudditi di nessuno”, forte esempio del bisogno di costruire la propria vita liberamente e senza autoritarismi o totalitarismi avendo come unico “padrone” la nostra Costituzione.

Interviene il Rettore Canfora che ricorda il suo studio della storia, il tutto con due certezze: che il suo studio avrebbe evitato in futuro il ripetersi degli stessi errori e di indirizzare verso una società migliore. Dichiara poi di essersi accorto che le cose non vanno proprio così. Fatti sbagliati che si ripetono e una strisciante rilettura di parte della storia che dimentica il dono di una Costituzione democratica.

L’antifascismo, molla della nostra carta costituzionale, viene, spesso, già da alcuni anni, riletto, in modo subdolo, in modo parziale, non viene negato, ma riletto in modo di parte, come se parlassimo del concetto di nazione di Mazzini, uno dei padri della nostra unità nazionale, paragonandolo a quello di nazionalismo tipico degli assolutismi.

Egli si chiede e chiede all’autore del libro, come tutto questo è potuto succedere senza che ve ne fosse piena consapevolezza e come rimettere la storia nella giusta luce.

Interviene poi la Polcini che, con fine conoscenza del diritto e della Carta costituzionale esalta la capacità di dialogo per una modernità di pensiero. Ella ricorda che la storia si fonda sui fatti e sulla memoria, i fatti vanno collocati nella giusta dimensione storico/spaziale, senza negazioni o revisionismi.

La prospettiva del libro, che lei condivide, è quella dell’esaltazione dei singoli e della comunità cui si appartiene. Nel titolo si parla di antifascisti, non di antifascismo in generale, perché l’attenzione deve essere mirata alle scelte individuali, a chi opera nella società. Lo scritto non è solo negazione di quanto di sbagliato è avvenuto nel passato -pars destruens -, ma anche proposizione di soluzioni – pars construens – che passano attraverso i corpi intermedi della struttura istituzionale che la Costituzione indica.

Ricorda infine che non si fonda la vita sociale sull’anti o sul non, ma soprattutto sul come e cosa fare, rompendo lo schema del nazionalismo.

Prende la parola Pagliarulo che ricorda la complessiva riscrittura della storia, spesso la politica, specie quella attuale, riconosce solo in parte ed in modo morbido, gli errori del passato, dimenticando il quadro complessivo degli errori del Fascismo che non fu solo l’emanazione delle leggi razziali, ma fu anche violenza contro chi non lo condividesse, volontà di invasione di diversi paesi, cancellazione di diritti, ecco il nazionalismo.

Ogni nazionalismo esalta il proprio paese vedendo nell’altro un nemico, la nazione è invece amore di ogni popolo. Egli ricorda la forza dell’antifascismo durante le 4 giornate di Napoli, ma soprattutto la necessità di ricordare i fatti come sono avvenuti e fare poi le proprie scelte di vita e sociali. La storia afferma, non può essere interpretata dalla politica, ma dallo storico.

Essere antifascisti adesso non è come esserlo stato in passato, ma comunque vuol dire essere contrari all’autoritarismo, al nazionalismo, al razzismo; tornare al fascismo del ventennio non è possibile, ma la deriva autoritaria, del cesarismo dell’uomo solo al comando, con relative restrizioni delle libertà personali è possibile, ecco il senso dell’antifascismo odierno. Dopo l’esame di diversi articoli della Costituzione e del mancato rispetto di essi, la parola passa al prof. Cerchia.

Quest’ultimo si fa protagonista di una precisa ricostruzione storica e, partendo dal titolo di un suo scritto :“La memoria tradita”, egli ricorda che la storia guarda al passato, la memoria invece al presente. La memoria trasferisce ricordi di fatti, tradizioni e valori ed esperienze, la Costituzione è memoria dell’antifascismo, codificazione giuridica della resistenza, strumento che non guarda a destra o a sinistra, ma tocca la comunità nazionale. Purtroppo spesso si dimentica o si cerca di far dimenticare.

Dopo il ricordo della memoria tradita sulla condizione del mezzogiorno negli anni bellici, del ruolo delle donne, spesso disconosciute nella loro funzione resistenziale, delle condizioni economiche e dei bombardamenti subiti nel Meridione, della sua tradizione culturale spesso disconosciuta, degli eccidi subiti, egli ricorda che esso si è assunto le proprie responsabilità ed ha reagito, come accadde a Napoli nelle 4 giornate.

Giornata dunque di storia e esaltazione dei diritti civili conquistati con il sacrificio e la vita del popolo italiano.