Festival Filosofico, intrigante e affascinante lezione linguistica e socio-economico del prof. Roberto Vecchioni
CulturaAll’interno del ciclo di interventi del festival 2024 dell’associazione culturale filosofica “Stregati da Sophia”, presieduta da Carmela D’Aronzo, si è assistito, nel pomeriggio del 15 maggio, presso il cinema S. Marco di Benevento, in sold-out per l’occasione, alla lectio magistralis di Roberto Vecchioni, cantautore e professore, che ha chiuso la decima edizione della manifestazione stessa stregando letteralmente i presenti intorno al tema “L’mportanza del linguaggio”.
Vecchioni, stravolgendo il programma studiato per il suo intervento, appena salito sul palco, ignorando i saluti di rito delle istituzioni ed ogni altro intervento immaginato, ha preso la parola dichiarando che aveva moltissime cose da raccontare e che non aveva molto tempo, dovendo prendere un aereo per Milano dove aveva altri impegni programmati.
Quasi un’ora e mezza di racconto, particolareggiato ed affascinante, sulla nascita del linguaggio, sul passaggio da suoni gutturali alle parole, sui suoi rapporti con la società in cui si è sviluppato e sul sistema economico con il quale è sempre stato in stretto rapporto, il tutto in un lungo ed appassionato monologo, senza soste, che ha avuto, come suoi interlocutori, la sala, ma soprattutto i tantissimi giovani dei molti istituti superiori presenti per ascoltarlo.
Egli ha dato inizio al suo intervento con il testo di una canzone sulla parola e poi, senza soste, ha iniziato la sua lezione chiedendosi e chiedendo al pubblico, come sia stato possibile che si sia passati da vaghi e strani grugniti degli uomini delle caverne a suoni articolati che sono poi diventati strumenti di comunicazione.
Citando William Shakespeare, ha ricordato che prima della sua produzione poetica, le parole conosciute erano appena 600, a lui si deve averle fatte diventare 6.000, grazie ad una traduzione dall’italiano, per meglio descrivere emozioni e circostanze umane.
Ha poi rammentato l’importanza del suono della A e della M, prime articolazioni vocali che ogni bambino produce, la prima per richiamare l’attenzione e la seconda per chiamare la mamma. Dai suoni inziali si generano dunque le radici dell’articolazione delle parole, con tutte le sue possibili gradazioni e significati.
Ma da dove nasce il linguaggio si è chiesto? Sicuramente il passaggio dalla condizione di cacciatore dell’uomo delle caverne a quello di agricoltore, ha dato il via alla necessità della comunicazione verbale. Il cacciatore prendeva le prede, le portava alla caverna e così concludeva il suo farsi, l’agricoltore aveva bisogno invece di dare nome ai suoi prodotti, per identificarli e magari scambiarli con qualcos’altro, in un sistema di produzione/scambio che è di natura economica.
La parola, egli dice, è “un mistero profondo”; quando ad Albert Einstein fu chiesto quale fosse la cosa più difficile da scoprire, egli non rispose indicando termini scientifici, ma affermò che era il problema di quando è nata e perché la parola.
La parola dunque nasce dalla necessità di comprendersi, in una sincronia tra bisogni umani, emozioni, esigenza di calcolare tempo e cose, comunicare pensieri e conoscere quelli altrui.
Le radici indeuropee sono fatte da suoni dolci del nostro linguaggio che comunicano amore e tranquillità come v, f, schh… e da suoni duri che affermano determinazione e odio come t,p,c, .
Egli ricorda i suoni delle parole del linguaggio del greco antico, che, ricco di sfumature, è fatto di suoni duri quando c’è odio e suoni dolci quando c’è amore, caratteristiche che permangono anche nella nostra lingua.
La lingua è l’unica invenzione dell’uomo, essa è libertà, di comunicare, conoscere e far conoscere, affermare il proprio pensiero e negare o contrastare quello altrui. I suoni con cui parliamo possono essere aperti o chiusi, le vocali possono essere tenute a lungo con il suono, le consonanti invece sono corte e rapide.
Un riferimento è andato anche alle parole della religione che, tradotte male, modificano il senso del discorso ed un riferimento particolare è andato al “Padre nostro” ed in particolare alle parole “e non ci indurre in tentazione”, dove la traduzione errata del testo originario prima dal greco e poi dal latino, soprattutto della parola “indurre”, ha modificato il senso vero ed originario del testo. Il traduttore, ha affermato scherzando, doveva essere ubriaco mentre traduceva!
Nel concludere il suo intervento, Vecchioni ribadisce la natura sociale del linguaggio, come necessità umana, strumento principe per esprimere i nostri pensieri, protestare per qualcosa che non condividiamo, esaltare e promuovere ciò su cui concordiamo e per questo, egli dice, i giovani organizzano cortei e manifestazioni.
Prendendo spunto dall’attualità, Vecchioni invita i giovani a stare in gruppo e contestare, ma senza violenza e senza zittire l’interlocutore, segno anche questo di aggressività e, a seguito di queste parole, i tantissimi giovani presenti gli hanno tributato un lungo e caloroso applauso.
I genitori, continua, devono educare i figli alla naturale diversità, verbale e fisica, come fatto ovvio e come dono all’umanità, educando i giovani all’amore ed alla libertà, ma anche alla giustizia che prevede che tutti hanno gli stessi diritti, per imparare a rifiutare la corruzione tipica del potere, le guerre come inutili strumenti di tale potere e costruire un domani migliore.
Lectio magistralis di spessore e potenza comunicativa che ha permesso a Vecchioni di intrigare e affascinare tutti i presenti che, a fine intervento, in gran numero, si sono messi in fila per un suo autografo su uno dei suoi libri messi in vendita per l’occasione.