“Storie giallorosse”: Orlando Ascione, il piede sinistro di Dio
Benevento CalcioCalcioStorie GiallorosseInauguriamo “Storie giallorosse”, la nostra nuova rubrica, raccontandovi le gesta di uno degli attaccanti più forti e prolifici della storia quasi centenaria della Strega.
Parliamo di Orlando Ascione, classe 1927, ala o, se si preferisce, esterno d’attacco, il quale con il suo mancino ha scritto pagine indelebili di un Benevento che, in quegli anni del secondo dopoguerra, era sì privo di mezzi ma pieno di talento.
Ascione, come dicevamo, era principalmente un attaccante esterno, un’ala, anche se poteva ricoprire tutte le posizioni del fronte d’attacco. Mancino naturale, una delle sue caratteristiche era il tiro: secco, improvviso, che colpiva inesorabile il portiere avversario, al quale non restava che raccogliere la palla in porta.
Proprio per la potenza del suo sinistro, Ascione era soprannominato “il piede sinistro di Dio”, oppure ‘o stumbo perché con il suo tiro bomba fulminava il portiere avversario.
La capacità balistica gli permetteva di segnare da ogni posizione del campo, finanche da calcio d’angolo. Non sempre, però, le sue capacità erano ben viste, chiaramente dagli avversari. Al punto che – ricordava lo stesso Ascione – “i portieri avversari spesso a fine partita non volevano stringermi la mano, perché non digerivano di essere bucati così all’improvviso”.
Neanche i suoi allenatori riuscivano a capacitarsi di cotanta destrezza nell’esecuzione. Gipo Viani, storico tecnico giallorosso, infatti, volle controllare egli stesso la conformazione dei piedi di Ascione (in foto) per cercare di comprendere da cosa derivasse la sua bravura nell’esplodere quel sinistro a fulmicotone, come veniva descritto dagli addetti ai lavori del tempo.
Un sinistro che punì anche i cugini dell’Avellino, nel derby vinto per 3-0 dal Benevento (nella foto). Era la stagione 46-47, quando i giallorossi si imposero con un netto 3-0 contro gli irpini e, logicamente, tra i marcatori non poteva mancare il nome di Ascione. Le altre due reti portarono le firme di Paone e Gerbi. “Fu una giornata memorabile, infliggemmo all’Avellino una lezione di calcio”, ricordò Ascione.
Insignito del “Gladiatore Sannita”, un riconoscimento meritato – mai come in questo caso – sul campo, per aver fatto sognare intere generazioni beneventane, le gesta di Ascione travalicarono, eccome, i confini del Sannio e della Campania.
Finanche un certo Giuseppe Meazza, sì sì, proprio quel Meazza due volte Campione del Mondo con l’Italia e leggenda senza tempo dell’Internazionale Milano, ebbe modo di apprezzare il talento di Ascione. L’occasione fu data da un’amichevole tra una rappresentativa campana e l’Inter – appunto di Meazza – che si disputò ad Ariano Irpino. In quella formazione c’era non solo Orlando Ascione ma anche suo fratello Eugenio, anch’egli ex calciatore del Benevento. D’altronde, il legame della famiglia Ascione con il giallorosso e con il calcio è un legame che viene da lontano e che non ha mai risentito dei segni del tempo, tramandandosi da generazione in generazione, sino ad Antonio Ascione, figlio di Orlando, apprezzatissimo bomber di qualche anno fa. Ma questa è un’altra storia, che magari racconteremo in un’altra occasione.
Meazza, dicevamo: il campione nerazzurro, a fine partita, andò da Ascione per stringergli la mano e complimentarsi con lui. Insomma, il sinistro di Ascione bucava non solo le mani ai portieri ma anche i cuori dei tifosi e degli appassionati…ed anche quello di un certo Meazza.
Ah, quell’amichevole con l’Inter finì 1-1. I gol? Di Meazza e Ascione, ovviamente.