Benevento, il triste epilogo di Pazienza: addio senza vincere neanche una partita

Benevento, il triste epilogo di Pazienza: addio senza vincere neanche una partita

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Per il tecnico, che non avrà grandi responsabilità nella crisi della Strega ma ha commesso comunque tanti errori, i tre punti mancano ormai da quasi 300 giorni.

E’ durata appena 33 giorni l’avventura di Michele Pazienza sulla panchina del Benevento. Arrivato nel Sannio per dare una scossa e aiutare la Strega a uscire dal momento di difficoltà iniziato con Auteri, il tecnico pugliese non è riuscito a invertire il trend negativo.

Con l’ex Avellino alla guida, anzi, i giallorossi hanno continuato a non trovare la via della vittoria, facendo registrare quattro pareggi e una sconfitta nelle cinque gare disputate. Tre i gol fatti, tutti nelle ultime tre uscite, cinque invece quelli subiti. Numeri che, confrontati con l’irreversibile discesa in classifica (da -2 a -14 dalla vetta nel giro di poco più di un mese), hanno portato la società a riflettere sul proseguire insieme in vista del finale di stagione.

Arrivato come “pallino” di Vigorito e con un contratto di un anno e mezzo, il tecnico pugliese nel corso della lunga conferenza di presentazione dell’11 febbraio scorso aveva dichiarato “L’unico mio obiettivo è la promozione in Serie B. Devo mettere i giocatori a loro agio e chiedere semplicità“. Costretto a tuffarsi fin da subito in ritiri e silenzio stampa, Pazienza fin dalle prime uscite ha evidenziato i difetti e le tante difficoltà che stava vivendo la squadra, tentando di apporre correttivi che si sono però rilevati inefficaci.

A tratti, infatti, il trainer di San Severo è sembrato più teorico e ancorato al proprio credo (tante volte, per esempio, è tornato il concetto di equilibrio) che pratico e abile risolutore di problemi nell’immediato. Non si discutono le qualità e le idee di un allenatore giovane e di buone prospettive che sicuramente con più tempo e con una squadra da lui costruita avrebbe probabilmente reso meglio e che si è dimostrato onesto nell’affrontare i problemi della squadra, ma è difficile essere d’accordo con l’idea che potesse essere lui la persona giusta nel momento giusto per il Benevento.

Pazienza, esonerato a inizio settembre dall’Avellino dopo cinque gare con a referto tre pareggi e due sconfitte, non vince da quasi 300 giorni (a fine maggio un successo ai play-off, l’ultima vittoria in campionato risale addirittura a fine aprile) e, nonostante le sue responsabilità del momento negativo della Strega siano minime, ha commesso qualche errore di troppo. Uno riguarda sicuramente la comunicazione, dalla volontà espressa di raggiungere la promozione nonostante una situazione deficitaria alla sicurezza nel poter lavorare sulla testa dei giocatori pur senza riuscire a dare una vera e propria scossa e con una scintilla che non era evidentemente scattata, sottovalutando sotto questo punto di vista i veri problemi della squadra.

Un altro riguarda sicuramente il campo, dagli esperimenti PinatoSimonetti terzini (anche con buoni risultati, ma forse non necessari) all’immotivata e prolungata panchina per Oukhadda. Alcune idee sono state anche positive o quantomeno apprezzabili, ma indubbiamente non c’era tempo per approfondirle e/o gli elementi non erano i più adatti per quei determinati principi. Sul rettangolo verde, poi, scendono i giocatori: non si possono addossare tutte le colpe al tecnico. La linea della continuità però, con un po’ più di grinta e un atteggiamento più propositivo, avrebbe magari potuto scrivere pagine diverse in questo lungo mese in cui la compagine sannita non è stata altro che un paziente agonizzante.