BCT, Frascadore: “Soddisfatti del risultato, ora sogno Johnny Depp e Paolo Sorrentino”

BCT, Frascadore: “Soddisfatti del risultato, ora sogno Johnny Depp e Paolo Sorrentino”

AttualitàBenevento Città

Si è conclusa domenica 30 giugno l’8ª edizione del BCT – Festival del Cinema e della Televisione di Benevento.

Da Cristina Parodi a Claudio Amendola, da Paolo Bonolis a Emanuela Fanelli, da Furkan Palali a Pedro Alonso, ma non solo: tantissimi gli artisti italiani e di fama internazionale che hanno preso parte al Festival, portando sui vari palchi allestiti nei diversi angoli del centro storico di Benevento i loro personaggi e le loro storie.  

Interviste, clip e proiezioni; momenti di riflessione sugli ideali del cinema e del teatro, il confronto tra gli ambienti di ieri e quelli di oggi, i miti di un tempo e gli ultimi capolavori usciti sullo schermo. Tante, dunque, le iniziative culturali che hanno coinvolto il pubblico beneventano nei giorni scorsi.

Nel corso dell’ultima serata, abbiamo intervistato il Direttore Artistico del BCT, Antonio Frascadore, il quale si ritiene soddisfatto del lavoro svolto e dei risultati ottenuti. “Il lavoro svolto è sotto gli occhi di tutti sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo” afferma. Ed aggiunge: “Con un pizzico di presunzione che non mi appartiene, credo che siamo diventati oggettivamente un punto di riferimento nazionale nel panorama culturale e cinematografico in Italia. La città di Benevento deve essere orgogliosa di avere in città un evento così importante.“

Io vivo di sogni – conclude infine Frascadore, dichiarando: “Il mio sogno dal punto di vista internazionale è Johnny Depp: chiaramente un sogno complicato ma, come per tutti i sogni, si lavora per perseguirli. Dal punto di vista nazionale sicuramente Paolo Sorrentino.”

Non ci resta ora che attendere il BCT – Music Festival previsto a fine luglio con due grandi artisti: Mr. Rain e Mahmood.

Di seguito, l’intervista rilasciata ai microfoni di BeneventoNews24.it.

FOTO E VIDEO – Bct Day 5. L’eclettismo cinematografico e televisivo di Claudio Amendola a Piazza Roma

FOTO E VIDEO – Bct Day 5. L’eclettismo cinematografico e televisivo di Claudio Amendola a Piazza Roma

AttualitàBenevento Città

L’attore, regista e conduttore Claudio Amendola è stato ospite, nella serata del 29 giugno, del Festival nazionale del cinema e della televisione – Bct- della città di Benevento.

Accolto dal caloroso applauso dei numerosissimi presenti, l’artista, intervistato per l’occasione dal giornalista Alessio Viola, ha subito dato traccia della sua simpatia salutando il pubblico ed intrattenendo i presenti, amareggiato, in merito alla sconfitta dell’Italia calcio agli europei, di una formazione di “gregari” non all’altezza dell’occasione, ha affermato,  in una competizione in cui, per ragioni di interessi dei tanti procuratori, sono affluiti quei pochi italiani dei club del nostro campionato.

Il tema è comunque caro ad Amendola essendo lui un amante del calcio e delle competizioni sportive, soprattutto della Roma calcio, come ha ricordato il Viola durante l’intervista.

Immediatamente il discorso si è spostato sulla sua carriera, sugli oltre cinquanta film cui ha partecipato, la televisione, gli show ed altro, ma soprattutto sulla figura di suo padre, Ferruccio Amendola, per cui si è partiti dal primo capitolo della sua carriera che è stato definito per l’occasione: “ma tu padre”.

Ferruccio Amendola, ricordato con una clip di un film nel quale, da doppiatore oltre che da attore, presta la voce a Robert De Niro, attore amato da Ferruccio, un padre che viene poi rievocato dal figlio Claudio come grande artista della recitazione e soprattutto del doppiaggio.

Claudio ricorda, con grande affetto suo padre, ma soprattutto che per essere un grande doppiatore devi prima essere un grande attore, anche se il doppiaggio priva l’artefice di quel lavoro di presentarsi con il volto e questo a volte un po’ dispiace a chi deve dare solo la voce.

Da figlio di un doppiatore così importante, gli chiede Viola, se avesse mai pensato di fare il doppiatore. Lui, ha affermato però di non averci mai pensato, soprattutto perché, fin dagli esordi, ha fatto solo l’attore e, contrariamente a suo padre, ha sempre avuto la fortuna di metterci la faccia.

L’essere stato spesso paragonato al padre, ritenuto anche più importante di lui, non lo ha mai toccato, ha affermato, è una grande verità che lo ha accompagnato e lo accompagnerà per sempre ed è motivo di grande orgoglio.

Alla domanda in merito a preferenze perché figlio di un grande artista come suo padre, ha risposto ricordando che i suoi genitori lo hanno sempre spronato nella sua professione, ma mai né ostacolato, né favorito.

Nel ricordare che ormai sono quaranta anni di carriera, scorrono poi immagini del film “Vacanze di Natale”, nel quale egli interpreta Mario, un giovane proletario , ruolo che però lo ha fatto conoscere ed apprezzare dal grande pubblico, film che, da cinepanettone, sarà poi replicato molte volte.

Vengono poi ricordati altri suoi lavori come lo sceneggiato televisivo “Storie di amore e di amicizia”, del 1982, diretto da Franco Rossi, proiettato in televisione su Rai 1, con grande ascolto di pubblico. Ricorda in merito che la televisione del tempo era mezzo di grande comunicazione e conoscenza di fatti e personaggi, specie quando un programma andava in onda alle 20.30, ora di cena, cosa che favoriva la familiarità dei personaggi.

Egli afferma di aver accettato con gioia la popolarità ed il successo, ma soprattutto invita a diffidare di chi afferma di non vederla bene.

Ha spesso interpretato ruoli di “coatto”, “borgataro”, personaggio molto lontani dalla sua vera condizione di vita, ricorda Viola, ma di felice intuizione per personaggi che lo hanno reso famoso. D’altra parte, ricorda Amendola, altri grandi attori hanno interpretato ruoli di “coatto”, come ad esempio Verdone, stereotipo che però spesso viene appiccicato, ma fortunato per chi lo interpreta. Ricorda poi il “coatto” simbolo che era Tomas Milian, cubano, ma che parlava con la voce di Ferruccio Amendola.

Viene poi ricordata ancora la sua interpretazione di “Soldati” del 1987, con la regia di Marco Risi, film di neorealismo e il suo lavoro con grandi registi come Mazzacurati, Risi, Tognazzi, che gli hanno regalato una stagione di film importanti e premiati, ma anche momento di popolarità al punto da diventare anche “sex simbol”.

Un ricordo particolare va poi alla serie televisiva de “I Cesaroni”, andata in onda in prima visione dal 2006 al 20014 e divenuta, per Amendola, mezzo di inossidabile popolarità, tanto che spesso gli chiedono di tornare a farlo e, in merito, ha affermato, a novembre dovrebbero riprendere le riprese per una nuova serie.  

Le critiche, ha affermato, non lo hanno mai toccato, preferisce ricordare i complimenti. 

Dopo aver menzionato i quattro film per i quali ha svolto il ruolo di regista, egli ha avuto un ricordo particolare per “Il ritorno di monnezza” del 2005, diretto da Carlo Vanzina e lo stesso Claudio Amendola e già capolavoro di Tomas Milian.

In utimo, Amendola cita i film “I cassamortari” del 2022, la serie televisiva “Nero a metà” e “Il patriarca”del 2023 .

I quarant’anni di carriera sono passati così velocemente e piacevolmente davanti ad un pubblico attento che ha visto premiato Amendola, dal Direttore artistico Antonio Frascadore, con la targa del Bct per la sua carriera ed il suo impegno cinematografico e televisivo, momento accolto con un caloroso applauso da quanti presenti all’evento.

Bct Music Festival, la quotidianità descritta in forma di poesia con Mannarino (FOTO)

Bct Music Festival, la quotidianità descritta in forma di poesia con Mannarino (FOTO)

Cultura

Nella serata di venerdì 28, negli ampi spazi dell’Arena Musa di Benevento, Alessandro Mannarino, cantautore italiano di consolidato successo, si è esibito in concerto, con il suo nuovo tour “Corde 2023”, durante la rassegna BCT Music Festival, manifestazione di cui è Direttore artistico Antonio Frascadore.

Un pubblico di ammiratori molto numeroso e caldo ha accolto il cantante sul palco dove, insieme a Mannarino, si sono esibiti i suoi musicisti, Mauro Rofosco alle percussioni, Marco Bardoscia al contrabasso, Giovanni Risitano alla chitarra, Alessandro Chimienti, che si è esibito attraverso guitalele, banjio, chitarra portoghese e ronroco, Antonino Vitali alla tromba ed il coro composto da Simona Sciacca, Ylenia Sciacca e Azzurra Sciacca.

La musica di Mannarino ha subito coinvolto il pubblico con le sue composizioni che, nella serata in oggetto, hanno messo al centro soprattutto il suono degli strumenti a corda, percussioni nitide e trascinanti che hanno accompagnato i testi di Mannarino in un tour di temi delicati e tradizioni popolari, quasi panorama della quotidianità descritta in forma di poesia.

Musica acustic-rock con passaggi melodici che non potevano non trascinare i presenti ad accompagnarla in convinto coro, quasi a condividere pensieri, sentimenti, impulsi di rabbia e amore che catturavano e risvegliavano una percezione di sé spesso dimenticata.

Il cantautore ha aperto il suo concerto con il pezzo “Un’estate”, brano che racconta l’entusiasmo, la gioia di prendere parte al gioco della vita, quasi un’avventura quotidiana fatta di passi imprevisti, ma non per questo meno affascinanti. Il pezzo è stato accompagnato dalle voci affabili e dolci, quasi spirituali, del coro.

Tra suoni alti e bassi, capaci di sprofondare nell’anima di chi ha ascoltato, la voce di Mannarino, quasi roca, ma comunque squillante, ha rotto il silenzio del luogo durante la presentazione del pezzo “Fiume nero”, racconto di attimi di vita e di emozioni palpabili e corali sulla via della vita e del cielo.

Decisivo il coro di voci e strumenti cha hanno accompagnato l’esibizione, particolare l’uso dell’ukulele, strumento cordofono appartenente alla famiglia delle chitarre, che Mannarino utilizza durante la prima parte del suo spettacolo.  

Seguono l’esibizione dei brani “Deija”, fatto di parole ad un dio a cui chiedere il perché di tanta ingiustizia, tanto dolore e tanta guerra nel mondo, “Apriti cielo”, esortazione speranzosa ed esclamazione, testo blues-folk-etnico in cui si parla di fuga e di amore, quasi a chiedere al cielo di aprirsi perché c’è una vita sola.

Ha poi eseguito “Cantarè”, quasi canto di rabbia, resistenza, amore, come strumenti per superare l’ingiustizia, la delusione e l’impossibilità della vita.

Musiche, quelle di Mannarino, a forte impatto sociale ed emotivo, con temi che nascono dall’interiorità di ciascuno di noi e dai disinganni che la vita ci fa affrontare, dai sentimenti delicati agli impulsi irresistibili che ci caratterizzano, dalle ingiustizie quotidiane alle sofferenze dei più fragili, atti di denuncia accompagnati da parole di derisione per chi sbaglia.

Segue il brano “Maddalena”, canzone estremamente provocatoria, ricca di caratteri antireligiosi in cui si racconta una storia alternativa a quella di Gesù, vicenda ambientata ai nostri giorni in cui Maria Maddalena si innamora di Giuda Iscariota e, insieme, affrontano l’ira di Dio.

Seguono i brani “Scendi giù”, sostenuto dalla voce bassa e sicura del contrabasso, “Statte zitta”, testo romantico cantato con voce tra il sommesso e la voglia di urlare i problemi quotidiani e l’amore per una donna, “Gente”, accompagnato dalla voce decisa del coro e dell’andamento musicale degli strumenti a corda, “Marylou”, pezzo molto amato dal pubblico e cantato con l’artista, “Signorina” , brano che ha portato tutti i presenti ad alzarsi in piedi e a ballare al suono della musica.

Sono seguiti i pezzi “Serenata lacrimosa” e, soprattutto, “Scetate vajo”, e “Me so’ ‘mbriacato”, brani molto conosciuti dai presenti che hanno coinvolto tutti con applausi e voglia di cantare a squarciagola.

Uscito di scena, Mannarino è stato richiamato sul palco dal pubblico entusiasta che gli chiedeva di tornare a cantare. Ritornato ad esibirsi, egli ha eseguito i brani “Il bar della rabbia ”e “Vivere la vita”, pezzi che sembrano riecheggiare i testi del cantautore spagnolo Tonino Caronte,  in cui egli racconta il mondo difficile e le vite intense, le diversità in tutte le sue forme, quelle degli zingari sgombrati ed infelici, quelli degli esiliati e ribelli ed anche di chi si aggrappa ad una bottiglia di vino per dimenticare.  

Serata di musica molto piacevole e coinvolgente che non ha permesso, in maniera forse leggera, ma nello steso tempo forte, che si dimenticassero i temi più seri dell’esistenza, con momenti di delicatezza a volte ironica, ma anche con attimi di consapevolezza.

Bct, al via la 7a edizione: stasera a Benevento Micaela Ramazzotti, Marco Bocci e Mimmo Paladino

Bct, al via la 7a edizione: stasera a Benevento Micaela Ramazzotti, Marco Bocci e Mimmo Paladino

Eventi

Questa sera comincerà la settima edizione del BCT-Festival Nazionale del Cinema e della Televisione, in programma a Benevento fino a domenica 25 giugno.

Ospiti della giornata inaugurale l’attrice, regista e sceneggiatrice Micaela Ramazzotti, l’attore e regista Marco Bocci e il pittore, scultore e incisore italiano noto per essere uno dei principali esponenti della Transavanguardia, Mimmo Paladino.

Queste le parole di Antonio Frascadore, ideatore e direttore della manifestazione, ai microfoni di BeneventoNews24.it.

Benevento Festival BCT: Claudio Bisio emoziona Piazza Roma con la sua ironia ed il suo contagioso sarcasmo

Benevento Festival BCT: Claudio Bisio emoziona Piazza Roma con la sua ironia ed il suo contagioso sarcasmo

AttualitàBenevento CittàCultura

Nella serata di sabato 16 luglio, all’interno della storica Piazza Roma di Benevento, l’attore, conduttore televisivo, comico, doppiatore, cabarettista ed umorista Claudio Bisio, ha coinvolto tutti i presenti con la sua ironia ed il suo irresistibile sarcasmo, semplicemente raccontando se stesso e le tante attività artistiche che lo hanno visto protagonista.

Intervistato dalla giornalista Sky Martina Riva, ha subito precisato che, fra le  tante definizioni del suo lavoro, egli preferisce quella di attore.

Sollecitato nel raccontare il proprio cammino artistico dalla Riva, egli rievoca subito, quasi fucina delle attività artistiche successive, le sue scelte comportamentali   nella scuola degli anni ’70, quando, politicamente impegnato, partecipava ad occupazioni e manifestazioni animando, nello stesso tempo, quanti intorno a lui.

Erano gli anni in cui, studente del Liceo Scientifico “Luigi Cremona” di Milano, fu anche attivista di Avanguardia Operaia, ma il suo impegno politico camminava sempre, di pari passo, con la sua passione per il teatro, infatti fu allora che incominciò a recitare al Centro sociale Leoncavallo.

In merito a quel tempo, egli ricorda di aver proposto ai suoi compagni, increduli, di invitare presso la sua scuola occupata Dario Fo, all’epoca già artista di fama. Incredibilmente il suo invito fu accettato e l’artista si presentò alla sua scuola intrattenendo i ragazzi con discorsi basati su pezzi del suo teatro.  Fu un colpo di fulmine per Bisio, egli ha raccontato di essersi innamorato, da quel momento, del teatro di Fo e di aver deciso di seguire le sue orme artistiche.

La Riva gli chiede della sua esperienza al Piccolo Teatro di Milano e Bisio ricorda che, essendo risultato bravo nella sua passione teatrale, la sua insegnante del Piccolo, gli consigliò di giocarsi la carta della comicità. Furono quelli gli anni, come lui confessa, delle due anime, quella seria del teatro e quella di “pirla” nel cabaret.

Egli ricorda poi i suoi più importanti riferimenti artistici : il Teatro dell’Elfo, a cui apparteneva Paolo Rossi e Gabriele Salvatores e punto di partenza delle sue prime apparizioni al cinema ed in televisione – La Riva ricorda allora la sua apparizione nel 1990 nel videoclip della canzone “ Megu Megùn” di Fabrizio De Andrè  con la regia di Salvatores – l’esperienza di Zelig, da locale periferico ed alternativo a luogo di culto del cabaret milanese, luogo dove divenne co-leader di Elio e le Storie Tese. Zelig lo consacra inoltre come volto simbolo dello show che rimane in onda per oltre un decennio.

Gli viene chiesto quale sia la formula del successo di Zelig e Bisio risponde ricordando come un tale programma non potrebbe avere successo senza i comici, gli autori e le persone giuste, gruppo che solitamente prepara una scaletta con testi predefiniti che, sistematicamente, vengono stravolti nella conduzione del programma che fa dell’improvvisazione la sua chiave del successo.

Egli ricorda poi la sua emozionata partecipazione al film di Gabriele SalvatoresSogno di una notte d’estate” del 1983, trasposizione cinematografica di “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, film che richiese impegno perché spesso capitava di fare tripli ruoli.

Il regista che però ricorda con grande emozione e con il quale ha lavorato è stato Mario Monicelli, anche se, è inevitabile ricorda la Riva, un suo film di grande successo  è stato “Mediterraneo” , con la regia di Salvatores. In merito al film vengono proiettati, sul grande schermo, alcuni passaggi dell’opera e Bisio si lascia andare a ricordi dei compagni di quella produzione, primo fra tutti l’amico Diego Abatantuono.   

La Riva gli ricorda la sua partecipazione al Festival di San Remo e Bisio rievoca alcuni sketch con Claudio Baglioni del quale rimaneggia sul palco, ironicamente e con semplici gesti, il testo di una sua canzone, che il cantante stava intonando inserendo la punteggiatura opportuna al testo della melodia.

Impossibile, ricorda l’intervistatrice, non menzionare altri suoi significativi lavori come il film “Benvenuti al Sud” e  “Benvenuto Presidente” dei quali vengono proiettati alcuni highlights sul maxi schermo.  Bisio ricorda la scelta degli autori di “Benvenuti al Sud” di fargli indossare, durante le riprese, un giubbotto antiproiettile, quasi sinonimo di un sud malavitoso e pericoloso. La cosa non gli piaceva perché gli sembrava offensivo per il popolo del Sud d’Italia.

In realtà la cosa invece è stata letta, dagli stessi abitanti del meridione, come esilarante e per questo atteggiamento egli riconosce ai meridionali spirito autoironico ed intelligenza.

Viene poi menzionata la sua partecipazione a “Striscia la notizia” ed egli ricorda con simpatia quegli anni nei quali, negli incontri di redazione, trovava un gruppo animato e coeso sotto la guida di Antonio Ricci.

In merito alla sua vita privata egli ricorda il sodalizio artistico e umano con sua moglie Sandra Bonzi con la quale ha pubblicato un libro scritto a quattro mani : “Doppio misto. Autobiografia di coppia non autorizzata”, uno scritto brillante che racconta ironicamente la storia della loro vita di coppia.  

Essendo Bisio anche doppiatore, viene ricordato dalla sua intervistatrice, il suo lavoro di voce del bradipo Sid nella saga dell’Era glaciale. Proprio in merito al doppiaggio Bisio racconta delle difficoltà di riprodurre, con la voce, i suoni vocali e le inflessioni dei personaggi da doppiare.

Una menzione affettuosa e canzonatoria va, da parte dell’attore alla sua interpretazione dell’opera “La mia vita raccontata male” di Francesco Piccolo, nella quale, come testimoniato da un esilarante highlight dell’opera proiettata su schermo, Bisio racconta della mania, probabilmente casertana e di Piccolo, di non bere acqua dopo il latte. Ha confessato poi di conoscere tanta gente che lo fa e sta bene e allora da dove nasce questa fisima? La battuta è sottolineata dagli applausi entusiasti del pubblico.

La serata si conclude con un premio alla carriera dato all’attore da Antonio Frascadore, ideatore e direttore del BCT e dall’applauso convinto e affettuoso del pubblico di Piazza Roma.

BCT Festival, alla “Rocca dei Rettori” l’attore-regista Pif

BCT Festival, alla “Rocca dei Rettori” l’attore-regista Pif

AttualitàCalcio a 5Cultura

La serata di martedì 12 luglio ha visto, a Benevento, l’avvio del Festival 2022 del BCT –Benevento Cinema Televisione-. La manifestazione ideata e diretta da Antonio Frascadore, ha lo scopo di celebrare il mondo del piccolo e del grande schermo grazie anche alla partecipazione di numerosi e significativi personaggi.

La rassegna ha avuto, tra i primi ospiti della serata, presso i giardini della Rocca dei Rettori, l’attore-regista-conduttore Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, personaggio da un’ironia sempre acuta ed intelligente.

In un palcoscenico privilegiato quale è il giardino della Rocca dei Rettori di Benevento, affacciato sul paesaggio serale e quasi magico della città, davanti ad un pubblico numeroso e attento che aveva voglia di conoscere direttamente un personaggio particolare e suggestivo quale è Pif, l’attore-regista ha fatto il suo ingresso sul palco elargendo il suo sorriso accattivante e salutando i presenti, cercando poi, inutilmente tra il pubblico, il primo cittadino Clemente Mastella che, ha commentato sarcastico, forse ha preferito un altro luogo della manifestazione dove era ospite una donna.

L’intervista ha preso il via, secondo un modello giornalistico leggero ed ironico, dalla lettura delle notizie su Pif riportate da Wikipedia da parte dell’intervistatore  Alessio Viola, giornalista volto di punta di Skytg24, informazioni che, di volta in volta, l’attore ha riconosciuto come attendibili o meno: “ Figlio del regista Maurizio Diliberto e della maestra di scuola elementare Mariolina Caruso,  fin dall’età di dieci anni comincia ad appassionarsi al cinema”.

Egli ha ammesso il suo interesse precoce per il cinema, ma anche che l’anno significativo della sua formazione di uomo e poi di direttore artistico, è stato il 1992, anno del suo diploma, ma soprattutto, da palermitano, della strage di via D’Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino.

Egli racconta di essersi trovato non lontano dal luogo dell’eccidio e dell’esplosione che seguì lo scoppio e di aver pensato, ingenuamente, che fosse “una fuga di gas”. Dopo aver frequentato il liceo scientifico all’Istituto Salesiano Don Bosco Ranchibile, racconta di essersi recato a Londra per frequentare alcuni corsi di Media Practice, ma confessa anche , nonostante sia rimasto nella capitale inglese per quattro anni, di non aver mai imparato l’inglese se non in modo sommario.

Viola poi, sempre prendendo spunto dalle notizie di Wikipedia, ricorda come la sua carriera lavorativa inizia come assistente alla regia di Franco Zeffirelli in Un tè con Mussolini (1998). Esperienza che Pif ricorda però simpaticamente più come addetto ai cani del regista.  Importante invece il suo ruolo di assistente alla regia di Marco Tullio Giordana durante le riprese del film “I cento passi”, film vincitore di quattro David di Donatello ed un premio alla Mostra di Venezia.

Pif ricorda con emozione quell’esperienza vissuta a Cinisi ed in modo particolare ricorda la scena nella quale Luigi Lo Cascio, l’attore che impersonava Peppino Impastato, urlava il suo odio alla mafia e ricordava la distanza tra la sua casa e quella del boss mafioso Gaetano Badalamenti, una scena girata in un luogo in cui la mafia era ancora ben presente e dunque dall’impatto doppiamente significativo.

In merito al tema della mafia egli ha affermato, con vigore, di non poter accettare l’esistenza di un’organizzazione criminale che ha fatto della Sicilia il suo fortino, diffamando un popolo ed i suoi rappresentanti, tema caldo che, ricorda, ha affrontato con determinazione nel suo film più famoso: “La mafia uccide solo d’estate” del 2013.

Viola gli ricorda la sua udienza presso il Santo Padre e Pif rievoca quel momento con emozione ammettendo la sua condizione di “agnostico”, un requisito che, paradossalmente, afferma, implica un continuo confronto con la fede e con Dio, in quanto, se è vero che l’agnosticismo  afferma l’incapacità della mente umana a conoscere l’assoluto e dunque Dio, nello stesso tempo è una condizione che invoglia alla ricerca e dunque al confronto con l’idea dell’assoluto stesso.

Il suo ricordo scivola poi alla sua partecipazione al programma di approfondimento “Le iene”, dove lavora come autore e inviato dal 2001 al 2010  ed in modo particolare all’esperienza durante le feste della Lega Nord, manifestazioni durante le quali è riuscito a farsi fotografare insieme ad Umberto Bossi, fondatore storico della Lega Nord. Della sua attività con Le Iene ricorda poi la sua collaborazione con la compianta Nadia Toffa, amica attiva e sempre disponibile.

Ricorda anche, con simpatia e ironia, la sua partecipazione come inviato delle Iene nei panni di un abitante dell’Italia settentrionale in Sicilia, esperienza durante la quale lui, palermitano di nascita, chiedeva cibo o altro ad i suoi interlocutori storpiando la pronuncia siciliana dell’oggetto richiesto.

Il giornalista Sky Alessio Viola chiede all’attore l’origine del suo nome artistico di Pif  ed egli conferma che il primo a chiamarlo così è stato la “iena”  Marco Berry nel corso di un viaggio di lavoro.

Viola ricorda poi il suo programma “Il testimone”, programma che racconta da vicino i dettagli di vita quotidiana di personaggi legati a sport, politica, spettacolo sempre su MTV, chiedendogli come lo abbia pensato. Pif risponde che, maniacale ed un po’ egocentrico quale ammette di essere, ha deciso di intervistare politici, imprenditori e persone qualunque, da solo e armato di una telecamerina, scegliendo, di volta in volta, da regista, le inquadrature migliori, organizzando pause e circostanze particolari.

Il giornalista Viola ha poi ricordato il suo racconto “Sarà stata una fuga di gas” in Dove Eravamo. Vent’anni dopo Capaci e via D’Amelio, in commemorazione dei 20 anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In merito alle morti dei due magistrati ed in particolare di Borsellino, Pif si chiede e chiede al potere del tempo, come sia potuto accadere che egli sia stato lasciato solo nella sua guerra alla mafia quando, dopo la morte di Falcone, si sapeva benissimo che sarebbe toccata a lui.

Lo stesso Borsellino, ricorda, cercava di non abbracciare i figli perché non sentissero troppo la sua mancanza quando sarebbe morto, perché lui sapeva che lo avrebbero ammazzato, ma lo sapevano tutti e allora perché è stato lasciato solo?  Chiede Pif accalorandosi.

In maniera leggera, ma un po’ impertinente, Viola gli chiede dei suoi rapporti con lo scultore danese, rivale di Canova, Bertel Thorvaldsen e della sua discendenza dal personaggio.

Pif risponde che in famiglia era zio Alberto, come egli stesso aveva deciso di farsi chiamare durante il suo soggiorno a Roma e ricorda di un ritratto che lo raffigurava, immagine sotto la quale egli giocava sotto lo sguardo serioso dell’artista scultore, personaggio perciò familiare che lo ha portato spesso a visitare il Museo Thorvaldsen a Copenaghen.

Di se stesso Pif ha raccontato di come gli piace mettere in crisi, graffiare la realtà, ma con l’onestà intellettuale di un siciliano educato all’onestà e al rispetto delle regole.

All’intervista è poi seguita la proiezione del suo film del 2021: “E noi come stronzi rimanemmo a guardare”, commedia satirica con elementi fantascientifici in cui la tecnologia è vista come nuova forma di caporalato, proiezione che il pubblico, nonostante la pioggia incipiente, ha gradito ed applaudito.