Superbonus 110%, sequestro per circa 110 milioni di euro di crediti di imposta nei confronti di un Consorzio

Superbonus 110%, sequestro per circa 110 milioni di euro di crediti di imposta nei confronti di un Consorzio

CronacaRegione

NAPOLI.  Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza richiesto nella fase delle indagini preliminari dalla Procura della Repubblica di Napoli, riguardante circa 110 milioni di euro di crediti d’imposta relativi al c.d. “Superbonus 110%”, nei confronti di un Consorzio operante nel settore, nonché perquisizioni e sequestri nei confronti di altri soggetti che sarebbero, a vario titolo, coinvolti nell’attività delittuosa. In totale sono state eseguite attività di perquisizione e sequestro presso le residenze di 21 persone fisiche, le sedi di 3 enti/società nonché sequestri preventivi di crediti presso 16 soggetti (istituti finanziari, società e persone fisiche).

L’attività trae origine da un’analisi di rischio sviluppata dall’Agenzia delle Entrate – Divisione Contribuenti – Settore Contrasto Illeciti sulla spettanza del bonus in materia edilizia previsto dal Decreto “Rilancio” (D.L. 34/2020); si tratta come è noto di un beneficio fiscale riconosciuto nella misura del 110% dell’ammontare delle spese sostenute per la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, finalizzati a mettere in sicurezza gli immobili dal rischio sismico nonché migliorarne il rendimento energetico. Il beneficio riconosciuto dalla legge consiste nella detrazione fiscale, ovvero nella possibilità di utilizzare, ai sensi dell’art. 121 del Decreto “Rilancio”, un credito d’imposta pari al 110%, cedibile a terzi e quindi monetizzabile.

Sulla base delle risultanze dell’analisi dell’Agenzia delle Entrate, gli accertamenti delegati dall’Autorità Giudiziaria di Napoli al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria alla stessa sede avrebbero fatto emergere un sistema fraudolento così articolato:

  • il Consorzio, attraverso una rete di procacciatori, si sarebbe proposto nei confronti di privati cittadini interessati a effettuare i lavori rientranti nell’applicazione del superbonus, facendo stipulare loro dei contratti per “appalto lavori con cessione del credito d’imposta” e chiedendo la consegna della documentazione necessaria, salvo interrompere subito dopo i rapporti ovvero eseguire solo attività di carattere burocratico;
  • ricevuti i contratti, il Consorzio avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei privati committenti in cui si faceva riferimento a uno stato di avanzamento lavori per una percentuale non inferiore al 30% (percentuale minima richiesta per vantare la cessione del credito d’imposta);
  • solo a seguito di richiesta di informazioni da parte di alcuni Reparti del Corpo, i soggetti privati riscontravano nel loro cassetto fiscale la presenza delle suddette fatture, che sarebbero state emesse a fronte di lavori mai eseguiti, cui erano correlate successive cessioni di crediti a favore del Consorzio, precedute dalla comunicazione dei commercialisti che avrebbero apposto il visto di conformità;
  • le prescritte asseverazioni tecniche sui lavori svolti dal Consorzio, che sarebbero state rilasciate da professionisti abilitati, presentavano rilevanti anomalie, evidenziate dalla competente Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (ENEA);
  • il Consorzio, operando nei termini suddetti, avrebbe beneficiato di oltre 109 milioni di euro di crediti d’imposta, accumulati a partire dal mese di dicembre 2020, poi ceduti a intermediari finanziari, ottenendone la monetizzazione, per un importo di oltre 83 milioni di euro.

Al fine di contrastare ed arginare l’attività delittuosa sopra descritta, la Procura della Repubblica di Napoli sezione di criminalità economica ha richiesto ed ottenuto la misura cautelare d’urgenza, eseguita con i correlati decreti di perquisizione e sequestro così da interrompere la circolazione dei crediti, individuare i responsabili e consentire agli ignari cittadini coinvolti di adottare iniziative legali a propria tutela. Le attività di polizia giudiziaria, eseguite nei confronti del Consorzio e dei relativi membri del consiglio di amministrazione, dei cessionari finali dei crediti, degli intermediari nonché dei professionisti che avrebbero rilasciato le asseverazioni o il visto di conformità, hanno interessato le regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto e sono state svolte anche con il contributo dei Reparti della Guardia di Finanza dislocati nelle rispettive sedi.

L’operazione condotta testimonia la costante attenzione dell’Autorità Giudiziaria, della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate sulla corretta destinazione delle risorse pubbliche messe a disposizione della collettività per mitigare gli effetti negativi della pandemia in corso e favorire la ripresa dell’economia e l’ammodernamento del Paese. Il presente comunicato stampa è stato rilasciato a seguito di specifica delega/nulla osta della competente Autorità Giudiziaria.

Benevento, corruzione e turbativa d’asta: scattano gli arresti in città

Benevento, corruzione e turbativa d’asta: scattano gli arresti in città

BeneventoCronaca

Nella mattinata odierna, a seguito di un’articolata attività di indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Benevento, militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Benevento hanno dato esecuzione ad una ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal GIP presso il Tribunale di Benevento su richiesta della Procura sannita, nei confronti di 4 persone raggiunte da gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di “Corruzione” (artt. 319 e segg. c.p.), “Turbata libertà degli incanti” (art. 353 c.p.), “Emissione di fatture per operazioni inesistenti” (art. 8 D.Lgs. n. 74/2000) ed illeciti in materia di “Responsabilità amministrativa da reato delle società e degli enti” (art. 25 D.Lgs. n. 231/01, in relazione agli artt. 319 e segg. c.p.).

Il provvedimento cautelare personale è stato disposto nei confronti:
⦁ di un imprenditore della provincia di Benevento, amministratore di fatto di società gestite formalmente anche da altri membri della propria famiglia, con sede nel medesimo territorio, operanti prevalentemente nel settore della costruzione e/o manutenzione di infrastrutture stradali;
⦁ del presidente pro-tempore della Società Autostrada Tirrenica s.p.a., da ora in poi SAT s.p.a. (società concessionaria di una tratta autostradale dell’A12 e partecipata al 99,931% da Autostrade per l’Italia S.p.a.), già Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici dal 1996 al 2001;
⦁ del Contract Manager di Autostrade per l’Italia s.p.a., da ora in poi ASPI;
⦁ di un soggetto coinvolto con il ruolo di intermediario tra gli incaricati di pubblico servizio e gli imprenditori privati, residente in Emilia Romagna, già responsabile dell’Area Commerciale di Coopcostruttori dal 1976 al 2003.

E’ stato altresì disposto dal GIP ed eseguito in data odierna il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, anche per equivalente, di somme di denaro sino alla concorrenza di complessivi euro 64.128,00, costituenti parte del prezzo illecito promesso e importo finora oggetto di effettiva consegna.
Le indagini, durate oltre un anno, consentivano dapprima di acquisire gravi indizi in ordine ad una dazione corruttiva da parte di altro membro della stessa famiglia dell’imprenditore beneventano oggi destinatario della misura cautelare a favore di un dipendente dell’ANAS e proseguivano mediante ulteriore attività tecnica nei confronti di esponenti del citato gruppo imprenditoriale, al fine di acquisire ulteriori elementi in ordine alla prosecuzione dell’attività corruttiva e all’inserimento della stessa in un più ampio programma criminoso avente ad oggetto accordi illeciti estesi e/o ramificati, conclusi e/o da concludere in fase di aggiudicazione delle procedure di gara.

Sin dai primi giorni di attività emergeva la figura – quale intermediario – del già responsabile dell’Area Commerciale di Coopcostruttori, residente in provincia di Ferrara, il quale – con cadenza frequentissima – per conto dell’impresa beneventana, si recava a Roma per acquisire e riferire informazioni sugli sviluppi delle gare di appalto. Il prosieguo delle indagini evidenziava (nel periodo giugno – settembre 2020) contatti (telefonici e dal vivo) sempre più frequenti tra la predetta persona ed il Presidente di SAT s.p.a., finalizzati a determinare – in cambio di denaro – l’aggiudicazione di una procedura di gara indetta da ASPI in favore del RTI (Raggruppamento Temporaneo di Imprese) di cui la società beneventana era capogruppo mandataria. Lo sviluppo delle investigazioni, consistite in plurime attività tecniche (intercettazioni telefoniche, ambientali, localizzazioni) a cui venivano affiancati tradizionali servizi di o.c.p., supportate da acquisizioni ed esami documentali unitamente a numerosi accertamenti economico finanziari (per lo più bancari), consentiva progressivamente di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine ad un chiaro episodio di corruzione e turbata libertà degli incanti volto a pilotare l’assegnazione della gara d’appalto bandita da Autostrade per l’Italia per le tratte autostradali della DT6 di Cassino – Lotto 7 – per un valore di € 76.500.000,00 (luogo di esecuzione Puglia, Campania, Lazio), per la cui aggiudicazione era stata prevista la procedura “aperta”, ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice degli appalti), per la stipula di un Accordo Quadro per ciascun Lotto di Gara. Il lotto sarebbe stato aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, secondo criteri e parametri di cui al disciplinare di gara, congruità da valutare ex art. 97 del citato D.Lgs. n. 50/2016. L’accordo, della durata iniziale di 24 mesi (avente ad oggetto interventi di manutenzione delle pavimentazioni della piattaforma autostradale, degli svincoli, delle aree di servizio e di parcheggio e di pertinenze lungo le tratte autostradali e di tutte le aree, opere, impianti ed installazioni facenti parte del patrimonio autostradale o ad esso complementari), prevedeva la rinnovabilità per ulteriori 24 mesi.

Alla citata gara partecipavano solo 2 concorrenti, nello specifico un consorzio con sede in Napoli – la cui offerta tecnico-economica era stata ritenuta la più vantaggiosa all’esito delle procedure di valutazione esperite dalla Commissione nominata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – ed il Raggruppamento Temporaneo di Imprese con mandataria la società beneventana. La successiva pretestuosa analisi delle anomalie riscontrate sulle offerte, sviluppata da tecnici interni ad ASPI, su sollecitazione degli indagati, ribaltava successivamente – nella sostanza – il giudizio della commissione, con conseguente assegnazione dell’appalto in parola alla seconda classificata, ossia il citato RTI. Le investigazioni esperite consentivano di acquisire gravi indizi in ordine a come l’assegnazione dell’appalto sia avvenuta a seguito dell’intervento di vari soggetti intermediari che si sono frapposti tra il privato corruttore e l’incaricato di pubblico servizio deputato alla selezione del concorrente a cui assegnare la gara. In particolare, il Presidente di SAT s.p.a., quale intermediario di altri incaricati di pubblico servizio della società ASPI e preposti alla gara in argomento (ovvero in grado di influire su di essa), uno dei quali individuato nel Contract Manager di ASPI, esercitava la sua influenza illecita per far aggiudicare al RTI, con capogruppo la società beneventana, la procedura di gara in contestazione, determinandone l’aggiudicazione provvisoria. Il tutto dietro promessa di ricevere, da parte dell’imprenditore beneventano (per sé e quale collettore delle somme dovute dagli altri privati corruttori, parte del RTI) e dell’intermediario ferrarese (che avviava i rapporti con il Presidente di SAT s.p.a., concordava le condizioni economiche e sollecitava il pagamento), una somma di denaro di 360 mila euro, importo pari allo 0.5% circa dell’importo complessivo a base d’asta dei lavori.

Il prosieguo delle indagini consentiva di rilevare che l’accordo si era delineato in tal senso, dissimulando il prezzo della corruzione come segue: l’imprenditore beneventano avrebbe pagato subito una somma di euro 60 mila euro (formalmente imputata ad una fattura – per operazioni inesistenti – inerente l’assistenza legale – solo in minima parte effettivamente resa – che il Presidente di SAT s.p.a. aveva fornito per un patrocinio innanzi al TAR Molise in favore dell’impresa beneventana) a titolo di prima tranche sull’importo complessivo oggetto di corruzione. Tale circostanza veniva poi confermata da mirati accertamenti bancari eseguiti al riguardo, che hanno confermato l’avvenuto pagamento – in data 01.03.2021 – della somma di € 64.128,00 a mezzo bonifico bancario su un conto corrente intestato al Presidente di SAT s.p.a. La somma residua, pari ad euro 300 mila in favore sempre del Presidente di SAT s.p.a. ed ulteriori euro 100 mila al Contract Manager di ASPI ed almeno ad altro incaricato di pubblico servizio preposto alla gara, sarebbe invece stata pagata -sempre secondo quanto desumibile dagli elementi allo stato acquisiti- in almeno due occasioni (rispettivamente 3 mesi e 6 mesi dopo l’aggiudicazione definitiva) e sarebbe stata dissimulata dalla stipula di un contratto di assistenza legale che il Presidente di SAT s.p.a. avrebbe concluso con il costituendo consorzio delle imprese aggiudicatrici della gara turbata.

Nella mattinata odierna sono state, altresì, eseguite numerose perquisizioni nei confronti dei rappresentanti legali/gestori di fatto nonché presso le sedi delle società facenti parte del RTI aggiudicatario dell’appalto pilotato.
Nella mattinata odierna sono stati anche notificati inviti a presentarsi per rendere interrogatorio ad ulteriori soggetti, per i quali non è stata avanzata richiesta cautelare, allo stato sottoposti alle indagini nell’ambito del presente procedimento in relazione a delitti analoghi ovvero connessi a quelli per i quali si procede, in un caso anche per le attività volte ad aiutare gli indagati ad eludere le investigazioni in corso.