L’open source è un gigante silenzioso nel mondo della tecnologia, un ecosistema che sostiene fino al 70% delle infrastrutture software globali. Nonostante il suo ruolo fondamentale, spesso passa inosservato, quasi fosse un “dietro le quinte” della digitalizzazione. Questo mondo, fatto di sviluppatori e di manutentori che lavorano per passione più che per profitto, sta attraversando un momento critico. L’entrata in scena del Regolamento europeo 2847 del 2024, conosciuto come Cyber Resilience Act (Cra), ha segnato un punto di svolta. Approvato nell’ottobre 2024 e operativo dall’11 dicembre 2027, il Cra impone una responsabilità condivisa sulla sicurezza digitale. È una sfida che cambia le carte in tavola e che richiede all’open source di ripensare il proprio approccio e il suo modello operativo.
Sicurezza digitale: Un’esigenza trasversale
C’è questa disinformazione comune che porta a pensare che la sicurezza informatica sia di interesse solo per le grandi aziende o per le infrastrutture governative. Ma non è affatto così! La cybersecurity è un settore che attraversa moltissimi ambiti diversi, dal commercio elettronico, ai social media, fino ai servizi d’intrattenimento. Le piattaforme online hanno bisogno di poter gestire milioni di dati personali in totale sicurezza. Per esempio, i casinò online devono essere in grado di effettuare e ricevere milioni di transazioni, di gestire i dati sensibili e di promuovere la sicurezza degli utenti. È evidente quanto sia indispensabile avere una normativa chiara e complessiva per essere sicuri che tutto funzioni al meglio e in totale sicurezza. Sembra scontato, ma chi ama trascorrere del tempo online deve essere al sicuro da eventuali frodi e, purtroppo, l’open source è poco trasparente su questo aspetto. Se sei alla ricerca delle migliori piattaforme di slot online dove poter giocare in sicurezza, prova questo sito che mette a disposizione una lista completa e aggiornata. Anche in questo caso l’open source è una base solida per moltissime piattaforme. Perché? Perché sono tantissimi i siti e le aziende che sfruttano:
- Librerie crittografiche open source
- Protocolli di autenticazione open source
- Strumenti di monitoraggio open source
Cyber Resilience Act: Nuove regole, vecchie sfide
L’open source è il cuore pulsante dell’informatica moderna, anche se pochi ne parlano. Non si tratta solo di un software gratuito: è una rete intricata di progetti e di librerie integrate ovunque, dai sistemi operativi ai servizi cloud, fino ai database aziendali più critici. È un asse portante della nostra economia digitale, ma la sua natura collaborativa e volontaria spesso lo rende poco compreso. Molte aziende non si rendono nemmeno conto di quanto dipendano dal codice open source e dal lavoro incessante delle sue community. Ed è qui che sorge il problema: con il Cra, l’Europa chiede degli standard di sicurezza più alti e un’assunzione di responsabilità più chiara. Questo non è un compito da poco. Senza un coordinamento efficace tra gli sviluppatori, i produttori e i distributori, i rischi si amplificano. L’intero ecosistema digitale potrebbe risentirne e questo evidenzia quanto urgente sia promuovere delle nuove forme di collaborazione.
Il Cyber Resilience Act non è solo una normativa, ma è un tentativo di stimolare una sicurezza digitale più solida in tutta l’Europa. Con l’applicazione prevista nel 2027, c’è qualche anno per adattarsi, ma il tempo stringe. L’obiettivo non è solo evitare le multe o il ritiro dei prodotti non conformi. Si tratta di cambiare mentalità, di promuovere un approccio collettivo alla sicurezza digitale. Questo significa superare le divisioni tra chi crea il software e chi lo utilizza, perché, se una parte del codice open source rimane vulnerabile, tutto il sistema ne paga le conseguenze. Per l’open source, questo comporta la necessità di adottare dei nuovi modelli di governance e degli standard comuni, in modo da lasciarsi alle spalle gli approcci frammentari.
L’open source non è una nicchia: È la norma
Capire il Cra significa guardare oltre il semplice testo normativo. La finalità è chiara: ridurre i rischi informatici in un mondo sempre più dipendente dal digitale. L’open source, che è parte integrante della catena del valore, non può sottrarsi a questa responsabilità. Chi trae i vantaggi economici dai software liberi dovrà garantire conformità e sicurezza. Per il mondo open source, questo rappresenta una grande opportunità: rafforzare la propria reputazione di affidabilità. Tuttavia, c’è un prezzo da pagare. Servono degli strumenti migliori, delle nuove procedure e, soprattutto, delle risorse economiche. Il rischio è che si creino delle incomprensioni e delle tensioni fino al punto di complicare il lavoro di chi contribuisce in modo volontario a questo ecosistema.
C’è un errore di fondo che accompagna il dibattito sull’open source: viene spesso visto come un’eccezione, una nicchia, quando in realtà è la norma su cui si basa gran parte della produzione software. Questo fraintendimento è emerso chiaramente durante la stesura del Cra e ha rivelato una scarsa comprensione di come funzioni realmente questo mondo. Nonostante alcuni miglioramenti nel testo finale, l’idea che l’open source sia una variabile fuori controllo persiste. In realtà, i progetti piccoli e poco finanziati spesso hanno un impatto enorme sulla sicurezza globale. È per questo che il Cra punta a responsabilizzare chi beneficia economicamente dei software liberi.
Sannio Valley e Informatici Senza Frontiere APS presentano BITLandia, un laboratorio che dimostra come la tecnologia possa fare la differenza, non solo nel presente, ma anche per il futuro dei più piccoli facendo incontrare innovazione e solidarietà.
L’evento si svolgerà sabato 21 dicembre dalle 15:30 alle 18:30 a Benevento presso la sede di Sannio Valley, in via Tiengo 15.
Sarà un laboratorio per una grande causa con l’obiettivo di raccogliere fondi per acquistare doni natalizi ed epifanici destinati alle strutture residenziali per minori della provincia di Benevento.
Ci saranno attività per tutti i livelli. Ogni partecipante, a partire dai 6 anni, sarà inserito in un gruppo in base al proprio livello di conoscenza per vivere un’esperienza formativa, divertente e inclusiva.
- Coding per Principianti: Introduzione alla programmazione a blocchi con Scratch e Code.org.
- Coding per Esperti: Progettazione e sviluppo di applicazioni personalizzate.
- Elettronica per Principianti: Creazione di circuiti semplici con LED e motorini.
- Elettronica per Esperti: Costruzione e programmazione di un mini robot con Arduino.
La quota di partecipazione è di 10€. Per prenotarsi all’evento è possibile usare il seguente link:
https://forms.gle/TqsWiX2v6mdZwnNy6
Riflessioni e provocazioni in merito a nuove tecnologie, società, scuola e futuro.
Ormai il tema dell’intelligenza artificiale è di assoluta attualità e se ne discute un po’ ovunque con posizioni spesso di opposta visione.
Si va dai fan più appassionati, a coloro i quali vedono la cosiddetta AI (nella dizione inglese di Artificial Intelligence) un pericolo incombente sul nostro presente e, a maggior ragione, sul futuro.
Come spesso accade, sono specifici elementi che danno, in un processo graduale, una svolta che rappresenta un vero e proprio tsunami. In questo ambito l’onda anomala è stata di certo rappresentata dall’applicazione ChatGPT, ormai nota ai più.
È di questi giorni la notizia che in Italia l’accesso a questo sistema di conversazione, solo apparentemente omnisciente, è stato bloccato a causa di presunti problemi di privacy. Al di là del fatto che per superare questo blocco è sufficiente un qualsiasi sistema software noto come VPN che fa risultare la nostra connessione provenire da un altro paese, credo che il problema vero sul quale interrogarsi sia da ricercarsi ben oltre la questione legata al GDPR (il regolamento generale sulla protezione dei dati).
Ad esempio, ci si potrebbe meglio interrogare sulla richiesta di migliaia di firmatari, tra cui spiccano i nomi di Elon Musk e Steve Wozniak, di una lettera in cui si chiede un periodo di riflessione di 6 mesi sull’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale per definire delle linee guida che ne consentano uno sviluppo controllato e sicuro (https://futureoflife.org/open-letter/pause-giant-ai-experiments/).
Indipendentemente dalla specifica opinione che si possa avere sull’opportunità e sulle reali motivazioni dei principali firmatari della lettera in questione, credo che essa abbia il merito di porre l’accento sull’importanza di partecipare attivamente al dialogo sull’evoluzione dei sistemi tecnologi moderni non lasciando ai soli tecnici il ruolo attivo in questa ennesima rivoluzione.
A tal proposito, mi riferisco anche a quanto già scritto in merito alla necessità di un nuovo umanesimo digitale in cui le problematiche degli esseri umani siano messe al centro di un’evoluzione etica delle tecnologie che possano così evitare squilibri sociali irreparabili.
L’immagine metaforica è forte: milioni di persone, poi miliardi, che si rivolgono dal chiuso delle loro stanze e uffici a questi nuovi dèi che hanno la capacità di ascoltare contemporaneamente tutti i “fedeli” donando loro dati e informazioni per gli scopi più disparati. Se pensiamo a quanto le religioni possano essere motore di sconvolgimenti sociali straordinari forse può diventare più chiara la direzione che si potrebbe intraprendere.
Sono tra i primi a dire che a ogni rivoluzione industriale ci sia un mutamento degli equilibri nelle tipologie di lavoro e che quindi di sicuro ci saranno nuovi lavori che sostituiranno i vecchi: per intenderci, zappa e trattore e via discorrendo.
Ma siamo sicuri che sarà sempre così in tema di ordini di grandezza? Faccio notare come queste tecnologie vengano definite esponenziali e come esse lo siano nel senso matematico del temine.
Siamo pronti davvero ad affrontare l’affiancamento prima e la sostituzione poi, con percentuali alte come mai prima, di contabili, avvocati, ingegneri, giornalisti, solo per citare alcune delle professioni che sono “messe a rischio” dai nuovi sistemi di intelligenza artificiale? Siamo disposti a cedere per profitto le nostre vite a questi nuovi dèi? Ovviamente, la mia è una provocazione che va nella direzione della cosiddetta singolarità tecnologica, evento che immagina una supremazia della tecnologia stessa nei confronti dell’uomo.
Tuttavia, molto più pragmaticamente, quanto stiamo già ipotecando sul nostro futuro quando i nostri studenti, piuttosto che la preghiera tradizionale fatta per avere un buon voto a un’interrogazione, chiedono l’aiuto del nuovo dio digitale tanto a loro vicino da preparare immediatamente un compito per casa in maniera fondamentalmente incontrollata?
Ancora una volta, l’attenzione è così rivolta ai contesti formativi che coinvolgono sempre di più studenti e docenti ma anche l’intera società, assolutamente non pronta a gestire improvvise apparizioni sui social di un papa che indossa un piumino bianco costosissimo. Ma, infine e in somma sintesi, la possibilità di poter sfruttare una tecnologia straordinaria che potrebbe migliorare il nostro intero mondo e modo di vivere se solo ne sapremo produrre e cogliere i frutti senza un’insensata caccia alle streghe del nuovo millennio.
di Carlo Mazzone
Giovedì 26 gennaio, a partire dalle ore 9.00, avranno inizio i lavori della due giorni del convegno internazionale “Digital Transition: Research & Development” che l’Università Giustino Fortunato ha organizzato in partenariato con l’Università di Madrid, l’Università del Norte e l’Istituto Internazionale per Mediatori Linguistici di Benevento.
L’evento, che si svolgerà sia in presenza – presso la sede della “Giustino Fortunato” – sia in streaming nella virtual room, propone un’analisi approfondita sui cambiamenti in atto a seguito dei processi di digitalizzazione, sollecitando una riflessione sulle principali tendenze e tecnologie innovative.
Quattro sono le sessioni tematiche in programma nella prima giornata e sei nella seconda, con il coinvolgimento di oltre settanta docenti e studiosi provenienti da prestigiose Università ed Enti di Ricerca italiani e stranieri.
Ad introdurre i lavori saranno il Magnifico Rettore dell’UniFortunato Prof. Giuseppe Acocella e la Prof.ssa Ida D’Ambrosio, docente di Diritto dell’Economia, che è il Direttore Scientifico dell’evento.